Chi era il colonnello Camillo Guglielmi, l’agente segreto che la mattina del 16 marzo 1978 si trovò – a suo dire perché invitato a pranzo da un collega – all’incrocio tra via Fani e via Stresa, proprio mentre le Brigate Rosse rapivano Aldo Moro? Il suo nome, da trentasei anni, entra ed esce dalle inchieste e ora lo chiamano in causa anche le ultime rivelazioni dell’Ansa sul presunto coinvolgimento di altri due agenti del Sismi che quella stessa mattina si trovavano in via Fani in sella a una moto.
Tracce della carriera di Guglielmi, soprannominato “Papà”, emergono dal resoconto di un’audizione in Commissione stragi dell’ex ministro della Difesa, Cesare Previti. Nel ’78 l’ufficiale era in forza alla Legione Carabinieri di Parma dalla quale venne collocato in congedo il 15 aprile 1978, dunque in pieno sequestro Moro. Dal 1° luglio 1978 Guglielmi, secondo quando riferì Previti, prestò servizio presso il Sismi in qualità di consulente “esperto”, rapporto che si consolidò in breve tempo fino alla sua assunzione nel Servizio segreto militare, datata 22 gennaio 1979. Lo 007, assegnato all’ufficio “R” controllo e sicurezza con l’incarico di dirigere la sezione che si occupava dell’affidabilità dei dipendenti di Forte Braschi, lasciò il Sismi il 31 dicembre dello stesso anno. Venne trasferito all’8° Comando militare territoriale di Roma ma continuò a collaborare con il controspionaggio militare fino al 30 novembre 1981. Guglielmi morì di crepacuore nel gennaio 1992 all’età di 68 anni.
L’ufficio sicurezza, di cui Guglielmi era uno dei direttori di sezione, fu costituito dal generale Giuseppe Santovito, giunto a capo del Sismi nel gennaio ’78, e affidato a Pietro Musumeci e a Giuseppe Belmonte, entrambi iscritti alla Loggia P2 e condannati per i depistaggi sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Secondo le versioni ufficiali quell’ufficio venne istituito dopo il caso Moro, ma le inchieste hanno accertato che era già pienamente funzionante durante il sequestro. Così come è certo che presso la direzione di sicurezza, che aveva i suoi uffici a Roma in via del Policlinico 131, prestavano servizio anche agenti di Gladio sotto la supervisione della VII Divisione del Sismi, dove anche lo stesso Guglielmi aveva prestato servizio in qualità di supervisore. Il deputato Sergio Flamigni, già membro delle Commissioni d’inchiesta sul caso Moro e sulla P2, di Guglielmi scrisse che era «uno dei migliori addestratori di Gladio, esperto di tecniche di imboscata, che lui stesso insegnava nella base sarda di Capo Marrargiu dove si esercitavano anche gli uomini di Stay Behind».
Il colonnello dei misteri confermò che quella mattina, intorno alle ore 9, si trovava in via Stresa, a duecento metri dall’incrocio con via Fani. Disse che era andato lì perché aveva un appuntamento con un suo collega, ma la circostanza apparve insolita perché aggiunse anche che si trattava di un invito a pranzo. Il suo collega, il colonnello Armando D’Ambrosio, che effettivamente abitava al civico 117 di via Stresa, confermò che l’ufficiale si era presentato a casa sua poco dopo le 9 ma negò di averlo invitato a pranzo aggiungendo che si era intrattenuto con lui solo qualche minuto perché, sempre a suo dire, doveva tornare in strada in quanto «doveva essere accaduto qualcosa». Lasciando via Stresa, circostanza a dir poco inverosimile, Guglielmi disse di non essersi accorto che all’incrocio con via Fani c’era stata una strage e di aver appreso che si trattava di Moro solo una volta rientrato a casa.
Guglielmi entra ufficialmente nel caso Moro nel 1991 in seguito alle dichiarazione rilasciate al settimanale Panorama dall’ex agente del Sismi, Pierluigi Ravasio, suo sottoposto all’ufficio sicurezza. E’ lui, prima di ritrattare tutto davanti al magistrato Luigi De Ficchy il 13 maggio 1991, a inguaiare il colonnello. La Procura convoca l’alto ufficiale dei Servizi tre giorni dopo ed è lo stesso Guglielmi a confermare la sua presenza in via Fani. Agli inquirenti il colonnello racconta che nella primavera del 1978 non era in servizio a Roma, bensì a Modena, e che solo nel giugno dello stesso anno era stato assegnato ad un ufficio del Sismi di stanza a Fiumicino, circostanze ovviamente non vere. Su questo aspetto una memoria del deputato Luigi Cipriani del 3 maggio 1991, basata anche sulle confidenze di Ravasio, smentirà in anticipo le dichiarazioni del colonnello mettendo in evidenza che la sezione del Sismi a cui apparteneva, insieme a Musumeci e Belmonte, operava a Roma già al tempo del sequestro di Moro.
Ravasio, parlando di Guglielmi, disse che quella mattina l’alto ufficiale si era precipitato in via Fani dopo aver ricevuto una telefonata di Musumeci: «Vai subito lì, un informatore mi ha detto che succederà qualcosa di grosso, forse rapiscono Moro». Guglielmi, come riporta la giornalista Rita Di Giovacchino ne “Il libro nero della Prima Repubblica”, avrebbe confidato a Ravasio di essere arrivato in via Fani a cose fatte e di essere rimasto sconvolto: «Ero lì, c’erano tutti quei corpi a terra, e non ho potuto fare niente».
di Fabrizio Colarieti
cercare un chiarimento sui fatti di via fani o sul caso cesaroni o di seguito.casi irrisolti i volutamente irrisolti e inutile. IL CASO MORO LA STRAGE DI VIA FANI E UN OPERAZIONE INTERNAZIONALE SUL LUOGO ITALIANO. COME ANCHE USTICA E BOLOGNa. ZORZI E UNA FONTE ATTENDIBILE. CHIARIMENTI SUL CASO CESARONI ORLANDI GREGORI CERVIA...
SEGRETI DI STATO