Oltre 330 milioni di euro. Ammonta a tanto il risarcimento, stabilito il 22 aprile da una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che lo Stato dovrà pagare alla compagnia aerea Itavia (oggi in amministrazione straordinaria) proprietaria del Dc-9 precitato il 27 giugno di 40 anni fa al largo dell’isola di Ustica, mentre da Bologna andava a Palermo (81 le vittime tra passeggeri e membri dell’equipaggio). Secondo i giudici del tribunale civile di Roma, chiamati a quantificare il danno dalla Cassazione, i ministeri della Difesa e dei Trasporti dovranno risarcire anche il danno aggiuntivo subito dalla compagnia calabrese che, subito dopo il disastro – che fu causato, con ogni probabilità, da un missile che colpì per errore l’aereo civile italiano – perse le concessioni e nel giro di qualche mese fu costretta a dichiarare il fallimento.
Nel 2018 la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso con il quale i due dicasteri avevano contestato di essere responsabili della caduta del Dc-9 – per “omessa attività di controllo e sorveglianza della complessa e pericolosa situazione venutasi a creare nei cieli di Ustica” – nell’ambito della causa civile intentata, anni prima, dai commissari straordinari delle Aerolinee Itavia Spa e dagli eredi del patron della compagnia, Aldo Davanzali. Tale risarcimento, tuttavia, sempre secondo i supremi giudici, non aveva tenuto conto del danno patito dall’Itavia in conseguenza della perdita delle concessioni di volo, revocate dal ministero dei Traporti sei mesi dopo il disastro. A sostegno del provvedimento era stata avanzata l’ipotesi che l’aereo era precipitato a causa di un cedimento strutturale (un problema tecnico) e non, come sostenuto fin da subito da Davanzali, che fosse stato abbattuto da un missile o entrato in collisione con un altro velivolo sconosciuto (come prova da sempre il tracciato radar di Ciampino).
La rivalutazione del risarcimento, scrivono i giudici della Corte d’Appello di Roma nella sentenza emessa mercoledì, “mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendosi nelle condizioni in cui si sarebbe trovato se l’evento non si fosse verificato” e tiene contemporaneamente conto della “natura compensativa del lucro cessante subito a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario”.
“E’ l’ennesima sentenza – ha commentato il presidente dell’Associazione parenti vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti – che, confermando le conclusioni in sede penale del giudice Priore secondo le quali il Dc9 è stato abbattuto all’interno di un episodio di guerra, continua a condannare i ministeri dei Trasporti, per non aver controllato, e della Difesa perché alcuni dipendenti hanno impedito alla verità di farsi luce. “Già in diversi gradi di giudizio Itavia ha vinto. Ciò vuol dire che è ben chiaro che il fallimento di Itavia è tutto da addebitare ad organi dello Stato. La verità c’è ed è che è stato abbattuto un aereo civile, una verità conquistata visto che all’inizio si era parlato di un ‘cedimento strutturale’ mentre dieci anni dopo si sono inventati la bomba”.
di Fabrizio Colarieti per La Notizia [link originale]