Non fu solo colpa del terremoto, ma anche dell'uomo. E' la conclusione a cui è giunto il giudice monocratico del Tribunale di Rieti, Carlo Sabatini, chiudendo, con 5 condanne per complessivi 36 anni di carcere, il primo processo nato dalle inchieste sul sisma che la notte del 24 agosto 2016 rase al suolo Amatrice (Rieti). Per il Tribunale del capoluogo sabino, e per il pm Rocco Gustavo Maruotti, che sosteneva l'accusa in aula, a causare il crollo delle due palazzine gemelle di piazza Augusto Sagnotti (ex Iacp) fu l'incuria dell'uomo. Perché quelle case popolari, oltre ad essere abusive, erano anche costruite male. Talmente male che non avrebbero potuto sopportare un sisma, anche di magnitudo inferiore a quello che si registrò ad Amatrice. Una tomba per 18 dei 21 inquilini che quella notte non uscirono vivi da quei condomini, crollati a 'pancake', cioè un solaio sopra l'altro, come hanno sostenuto i periti dopo aver analizzato ciò che rimaneva di pilastri troppo sottili, armature esigue e calcestruzzo a bassa resistenza. Una responsabilità - tradotta nei reati di omicidio colposo plurimo, crollo colposo, disastro e lesioni - che il Tribunale, accogliendo la tesi della Procura, ha ritenuto di attribuire a tutti e 5 gli imputati con pene che vanno dai 5 ai 9 anni di reclusione: Ottaviano Boni (9 anni), all'epoca direttore tecnico dell'impresa costruttrice Sogeap; Luigi Serafini, amministratore unico della stessa impresa (8 anni); Franco Aleandri, allora presidente dell'Iacp (7 anni); Maurizio Scacchi, geometra della Regione Lazio-Genio Civile (5 anni); Corrado Tilesi, ex assessore del Comune di Amatrice (7 anni). Il Tribunale li ha, inoltre, condannati, insieme ai responsabili civili (Ater, Regione Lazio e il Comune Amatrice), al futuro risarcimento dei danni in favore delle parti civili, da stabilire in sede civile, e al pagamento di provvisionali per ciascun familiare che vanno da circa 20mila euro a quasi 400mila. "Lo dissi già 4 anni fa, dopo i primi accertamenti, che quegli edifici di edilizia popolare sarebbero crollati con qualsiasi sisma si fosse verificato ad Amatrice, perché erano stati progettati e costruiti in violazione delle norme previste per le costruzioni in zona sismica e perché i funzionari pubblici che avrebbero dovuto vigilare sulla loro realizzazione non lo fecero" ha commentato all'ANSA il pm Maruotti, in lacrime al momento della lettura della sentenza. "Resta il rammarico - ha aggiunto il magistrato - per i 18 morti che si potevano e dovevano evitare. Ho ringraziato tutti i familiari delle vittime per la gratitudine dimostratami, ma a loro ho detto che ho fatto semplicemente il mio dovere nell'unico modo che conosco. Spero solo che questa sentenza serva a riconciliare i cittadini di Amatrice con quello Stato che 30 anni fa li ha traditi con condotte scellerate". Soddisfatto il legale dei familiari delle vittime, Wania Della Vigna: "È stata fatta giustizia per intere famiglie sterminate la notte del 24 agosto 2016. Quelle palazzine, costruite dallo Iacp tra 1973 e il 1977, crollarono come castelli di carte senza lasciare scampo a chi le abitava. Le vittime ignoravano che erano completamente abusive. Costruite con i soldi pubblici e in totale difformità al progetto iniziale, senza autorizzazione sismica del Genio civile e senza certificazione di abitabilità del Comune di Amatrice".
di Fabrizio Colarieti per Ansa