Quarantacinque anni dopo, nonostante le inchieste, i processi, le sentenze e le indagini delle Commissioni parlamentari, il caso Moro è ancora oggetto di accertamenti investigativi. Sono due, infatti, i nuovi fascicoli aperti nel tentativo di fare luce sugli innumerevoli interrogativi che ancora oggi non permettono di mettere la parola fine in fondo a questa terribile pagina della nostra storia.
Si tratta di due indagini molto differenti, ma che hanno tratto spunto anche dai lavori dell’ultima Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Beppe Fioroni, che fu chiamata, durante i governi Letta-Renzi-Gentiloni, a ricostruire il sequestro e l’uccisione del presidente della Dc tra il 16 marzo e 9 maggio 1978. Cinquantacinque giorni pieni di buchi e opacità, alcune delle quali chiamano in causa apparati dello Stato infedeli, organizzazioni criminali che nulla avevano a che fare con le Brigate Rosse – come la ‘ndrangheta e la Banda della Magliana – e strani personaggi che entrarono come fantasmi nell’affaire Moro.
La prima inchiesta, tuttora aperta, vede impegnati i magistrati del pool antiterrorismo della Procura di Roma e riguarda la strage di via Fani e, in particolare, le modalità dell’agguato, anche alla luce dei risultati legati ai nuovi accertamenti compiuti dal Ris dei Carabinieri su delega della Commissione Fioroni. Un’azione fulminea, quasi militare, ma non priva di interrogativi. Come, ad esempio, quelli legati alle posizioni di tiro, al numero di colpi esplosi e al tipo di armi impiegate per freddare, in pochi istanti, tutti e cinque gli agenti della scorta, ma senza ferire o, peggio ancora, uccidere Moro.
La seconda inchiesta è condotta, invece, dalla Procura generale di Roma e riguarda la presenza di soggetti esterni al commando della Brigate Rosse che annientò la scorta e prese in ostaggio l’allora presidente della Dc. Quanti erano i membri del gruppo di fuoco? Erano solo terroristi, come hanno raccontato Moretti, Franceschini e gli altri bierre? Oppure, la mattina del 16 marzo 1978, in via Fani, ad attendere il convoglio di auto dell’onorevole Moro, c’era, come sospettano gli inquirenti, un sicario esterno, magari preso in prestito da un’organizzazione criminale.
di Fabrizio Colarieti per La Notizia [link originale]