Forse si nasconde ancora all'estero, in Sudamerica o in Francia, forse è già morto, ucciso da un complice che lo tradì per denaro, il suo nome compare comunque tuttora in cima alla lista dei latitanti più pericolosi d’Italia. Tuttavia, Attilio Cubeddu, classe 1947, nato ad Arzana nel nuorese, è ormai un fantasma del passato, dimenticato da tutti e di cui non si sa più nulla da tredici anni. Mentre il Governo dà la caccia ai latitanti di mafia, camorra e ‘ndrangheta, mettendo a segno un colpo dopo l’altro, il volto dell’ultimo bandito sardo resta ancora tra i 15 most wanted del calibro del boss Matteo Messina Denaro. Il bandito Cubeddu fu uno dei carcerieri dell’imprenditore tessile bresciano, Giuseppe Soffiantini, sequestrato a Manerbio il 17 giugno ‘97 e tenuto prigioniero dall’”anonima sarda” per 237 giorni, e l’autore di almeno altri tre sequestri: Cristina Peruzzi (Montepulciano, 1981), Patrizia Bauer (Bologna, 1983) e Ludovica Rangoni Macchiavelli (Bologna, 1983). E’ irreperibile dal 7 febbraio ’97 quando uscì dal carcere nuorese di Badu 'e Carros con un permesso premio, era rinchiuso lì da tredici anni per scontare una condanna a 30 anni (fine pena previsto per il 2006) per aver sequestrato le tre donne. Le cronache di allora lo descrivono come un detenuto modello, tanto che gli fu riconosciuta anche la qualifica di collaboratore di giustizia per aver contribuito, nel ‘91, a sventare un tentativo di evasione dall’isola-carcere della Gorgona. Di fatto dodici giorni dopo il suo mancato rientro dietro le sbarre, era il 19 febbraio ‘97, avviene un altro sequestro, quello di Silvia Melis, e tra i primi sospettati c’è proprio lui. Quattro mesi dopo viene rapito Soffiantini e Cubeddu, stavolta, è coinvolto, anche se l’imprenditore bresciano non riuscirà mai ad affermarlo con assoluta certezza. Di fatto per gli inquirenti fu lui a custodire l'ostaggio nei boschi della Toscana e sempre lui, insieme ai suoi complici, a partecipare a Riofreddo, lungo l’autostrada Roma-L’Aquila, allo scontro a fuoco in cui perse la vita l’ispettore del Nocs Samuele Donatoni. Per il sequestro della Melis perciò c’erano solo sospetti, nessuna prova, tanto che non sarà mai formalmente incriminato, per quello di Soffiantini, invece, e per l’omicidio dell’agente Donatoni (anche se per la Cassazione il Nocs fu ucciso dal “fuoco amico”) il super latitante nel 2002 fu condannato rispettivamente a 30 anni e all'ergastolo. Per qualcuno Attilio Cubeddu è ancora oggi nel nuorese, dalle parti della sua Arzana, per altri è all’estero, in Sudamerica, Francia o in Spagna, dove qualche anno fa la polizia lo segnalò sulla Costa del Sol in compagnia di altri pericolosi latitanti di mafia e ’ndrangheta, o - addirittura - si troverebbe ancora in Toscana. Per altri ancora Cubeddu è morto: ucciso dal suo amico e complice, Giovanni Farina, la mente del sequestro Soffiantini, subito dopo aver intascato i 5 miliardi di vecchie lire del riscatto. Farina verrà sorpreso e arrestato nell’agosto ’98, di passaggio all’aeroporto di Sidney, proveniente da Zurigo via Singapore, Rolex al polso e circa 150 milioni di lire, in dollari Usa e franchi svizzeri nella valigia. “Attilio chi?”, due anni dopo nel carcere australiano di Silverwater lo stesso negherà addirittura di aver mai conosciuto Cubeddu. Lo dirà a due misteriosi personaggi che si erano presentati nel carcere di Sidney come suoi “amici”, ma che lui non conosceva. Due strani tipi, italiani, ben informati, che facevano tante domande e che avevano l’aria di essere agenti segreti (forse) spediti in Australia a cercare elementi utili per stanare l’imprendibile Cubeddu. L’incontro avviene a fine marzo 2000, quando mancano pochi giorni alla sentenza di primo grado del processo Soffiantini e saranno proprio i due personaggi a riferire a Farina che Cubeddu è morto: «A un certo punto – dirà poi lo stesso sequestratore - uno dei due mi ha anticipato la condanna di Cubeddu all'ergastolo. Gli ho domandato quando è morto, e lui mi ha detto “un mese fa”». Chi erano quei due? Attilio Cubeddu è davvero morto nel 2000 o è ancora in circolazione? Per anni, anche in Sardegna, le voci sulla sua possibile morte si sono rincorse senza però trovare conferme o elementi di prova. Del resto chi altro, se non Farina, poteva aver interesse a farlo fuori? Le voci, infatti, diventarono sempre più insistenti proprio quando si scoprì che la mente del sequestro Soffiantini, prima di lasciare l’Italia, intascò una grossa fetta di quel riscatto, circa il 70 per cento e cioè ben oltre i tradizionali criteri di spartizione. Eppure, secondo gli inquirenti, Cubeddu non ritirò mai la sua parte di riscatto, circa 1,7 miliardi di lire, individuati e sequestrati nel novembre del ‘98 in un conto cifrato aperto all’Ubs di Chiasso nei giorni in cui Farina fu catturato a Sidney. La vita da latitante, senza ingenti quantità di denaro e buoni agganci, è breve ed esposta a grandissimi rischi e, perciò, se davvero Cubeddu non incassò la sua parte di riscatto, azzardare che sia stato ucciso per quei soldi non è un’ipotesi così peregrina.
Fabrizio Colarieti - Il Punto, 9 dicembre 2010 [pdf]