Parte da questo episodio - non eccezionale, perché i giornalisti, quelli che fanno il loro mestiere, sono abituati a questo tipo di inciampi - la lettera-appello firmata nei giorni scorsi da Palazzolo sul sito della Fnsi (leggi). «È il momento - scrive il cronista di Repubblica nel suo appello - di una nuova grande indagine sulle stragi di Stato. Con il sostegno dei cittadini onesti e delle istituzioni di buona volontà. Non smettiamo di ripetere ogni giorno le domande ancora senza risposta, quelle che abbiamo annotato sui nostri taccuini».
E di domande senza risposta, giù a Palermo, volendo, ce ne sarebbero ancora molte, a partire dall’imbarazzante faccenda del depistaggio Scarantino. Così come in altre procure, da nord a sud, dove si continua a indagare sulle mafie e sulle pagine più buie del nostro Paese.
Il libro nero delle stragi e degli omicidi irrisolti è lungo. «Un racconto cruciale per la democrazia - dice Palazzolo -, perché nelle parole dei giornalisti vive l'impegno di tante persone di buona volontà: familiari delle vittime, magistrati, avvocati, investigatori, rappresentanti di gruppi e associazioni, semplici cittadini». Ecco perché il lavoro dei giornalisti va difeso e tutelato, anziché perquisito.
Di spunti ce ne sarebbero. Per citarne solo alcuni: sempre nel capoluogo siciliano è in piedi l'indagine 'Trattativa Stato-mafia bis'; a Reggio Calabria il processo 'Ndrangheta stragista'; a Firenze l'indagine sui mandanti occulti delle bombe mafiose del 1993; a Bologna si cerca ancora la verità sulla strage alla stazione del 2 agosto 1980 e a Roma su quella di Ustica del 27 giugno 1980.
Tanti buoni motivi per non smettere di cercare la verità, anche se, scrive ancora Salvo Palazzolo, «a volte nessuno sembra ascoltare». «Anche se a volte - aggiunge - fare quelle domande ci costa caro. Vogliamo sapere chi ha rubato l'agenda rossa di Paolo Borsellino e le parole di tanti nostri martiri. Parole che di sicuro racchiudevano il progetto di un'Italia migliore. Ecco perché vanno ritrovate».