L'esperto prosegue: «In passato ci sono stati incidenti identici. E uno degli elementi che mi ha fatto pensare fin da subito a qualcosa di simile, senza escludere tuttavia il sabotaggio di matrice terroristica o l’avaria generale delle strumentazioni di bordo, è stata la prolungata e anomala assenza di comunicazione radio».
Anche perché «era stato riferito», spiega Lecce, «che negli 8 minuti che precedono lo schianto il controllo del traffico aereo ha tentato più volte di mettersi in contatto con l’Airbus. Questo poteva significare che i piloti non potevano comunicare o a causa di un guasto a tutti i sistemi di alimentazione di bordo, molto improbabile, o perché impediti dalla presenza di qualcuno in cabina che li minacciava e che poi ha preso il controllo del velivolo». Del resto «un angolo di discesa di circa 5 gradi porta a una percorrenza di 131 chilometri che a una velocità di 900 km/h giustifica gli 8 minuti prima dell’impatto».
Quanto sta emergendo «esclude l’avaria e il dirottamento, ma lascia aperte altre inquietanti ipotesi: il pilota rimasto ai comandi potrebbe aver perso conoscenza, a causa di un malore, nel momento in cui l’aereo, nell’approssimarsi dell’atterraggio, era già pilotato manualmente, oppure lo stesso ha deliberatamente disabilitato il pilota automatico e ha portato l’aereo in rotta di collisione contro le montagne».
Quali altre ipotesi è possibile formulare in un incidente del genere? «Un blocco dei comandi», spiega ancora l’ingegnere della Federico II, «per avaria meccanica, ghiaccio o altro, che metta l’aereo su una rotta di discesa similare, non giustifica l’assenza di comunicazione terra-bordo-terra».
La disposizione dei rottami quali indicazioni può fornire? «Esclude il cedimento strutturale perché si dovrebbero trovare pezzi significativi lontani dal luogo dell’impatto».
Nel caso in cui ci fosse stata un’esplosione a bordo legata, per esempio, alla presenza di un ordigno che evidenze ci sarebbero? «L’aereo ha impattato con la montagna “volando”, cioè in condizioni integre, senza una disintegrazione in volo, questo fatto esclude ragionevolmente la possibilità di un’esplosione a bordo di una certa intensità».
Un’esplosione di minore entità? «Un incendio o una depressurizzazione rapida avrebbe comunque determinato un allarme da parte dei piloti. Ed è molto improbabile che tali questi eventi coinvolgano tutti i sistemi di comunicazione di bordo».
Nel caso in cui la ricostruzione del Nyt fosse confermata, come si spiega la circostanza che l’altro pilota non sia riuscito a rientrare in cabina e riprendere i comandi del velivolo? «A bordo», nota Lecce, «esiste un dispositivo di sicurezza che blocca l’accesso al cabina di pilotaggio disattivabile dall’interno. Perciò chi rimane ai comandi può impedire che la porta si riapra. Trovo assurdo tutto questo perché le tecnologie attuali consentono di limitare un accesso per esempio attraverso il riconoscimento vocale, biometrico o delle impronte digitale. Dopo un incidente aereo e a indagini concluse vengono emesse delle prescrizioni, immagino e spero che riguarderanno anche questo aspetto per evitare altri terribili incidenti come questo».
Le compagnie aeree europee, a differenza di quelle americane, non sono obbligate ad avere sempre due persone nella cabina di pilotaggio. In questo caso, se il pilota o il copilota si assentono temporaneamente il regolamento prevede che il loro posto sia preso da un assistente di volo.
di Fabrizio Colarieti per Lettera43 [link originale]