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Il tema spinoso delle intercettazioni sembrava finito nel dimenticatoio. Sorpassato dallo spread impazzito, dall’articolo 18 e dalla caduta anticipata di Silvio Berlusconi, il premier (pardon, l’ex) che – più di altri – provò a caricare sulle spalle degli italiani una paura in più: quella di essere spiati al telefono. Per intenderci stiamo parlando di una materia talmente complicata, quasi quanto regolare il conflitto d’interessi, che ha visto due governi, prima Prodi e poi Berlusconi, alle prese con un ddl mai nato, ma da tutti invocato a gran voce, guarda caso ogni volta che un politico – di destra o di sinistra – finiva intercettato da una procura. La bozza la portò all’attenzione del parlamento una vittima illustre dei telefoni sotto controllo, l’ex guardasigilli Clemente Mastella, il cui traffico telefonico (cosa ben diversa da quello fonico) finì – illegalmente secondo la Procura di Roma – negli atti dell’inchiesta Why Not? condotta dall’allora pm Luigi de Magistris e dal suo consulente, Gioacchino Genchi. Entrambi sono sotto processo, a Roma (la prima udienza ci sarà il prossimo 17 aprile), perché, secondo l’accusa, chiesero alle compagnie telefoniche di “sbirciare” nel traffico di migliaia di utenze, tra le quali anche quelle di parlamentari e agenti segreti, senza chiedere la preventiva autorizzazione alle Camere. ...continua a leggere "Bavaglio & Business"

canadairNon c’è pace per la flotta Canadair del Dipartimento della protezione civile. Prima il fallimento della Sorem, il blocco dei voli e degli stipendi, poi il cambio di gestione e ora sui 19 bimotore antincendio di proprietà dello Stato incombe anche la spending review. Dopo il nuovo appalto, affidato a gennaio dal Dipartimento della protezione civile alla società italo-spagnola Inaer Helycopter per 40 milioni di euro l’anno, la gestione della flotta Canadair sembrava navigare in acque tranquille, ma le recenti dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, potrebbero rimettere tutto in discussione, a pochi mesi dalla campagna estiva antincendio. Catricalà, intervenendo recentemente a Ballarò, ha annunciato l’intenzione del governo di liberarsi della flotta «che può essere gestita - ha poi aggiunto - più economicamente da vigili del fuoco e aeronautica militare». Secca la risposta dei piloti del gruppo Canadair: «Sono parole che gettano nello sconforto centinaia di lavoratori che credevano di essere finalmente usciti da una situazione di crisi, per merito degli ingenti sforzi attuati dalla nuova società di gestione e che invece, nel giro di poco tempo, si ritrovano nuovamente a dover convivere con il peggior incubo di ogni lavoratore, perdere il proprio lavoro. Con questa esternazione – scrive in una lettera inviata a Catricalà il vicepresidente del Gruppo volo Canadair, Mauro Tramonti -, non solo mette a rischio il nostro lavoro ma, con un colpo di spugna, azzera il know-how acquisito in tanti anni (anche perdendo qualche nostro collega) che ha permesso alla nostra nazione di essere leader mondiale del settore». ...continua a leggere "Dove osano i Canadair"

de gennaroServizi segreti, ma non troppo. Perché la promozione e la diffusione della cultura della sicurezza e dell’intelligence, nell’era della trasparenza voluta da Gianni De Gennaro, ora passa per la rete e le università. Da qualche giorno sono disponibili, e liberamente consultabili online sul sito sicurezzanazionale.gov.it, i “Quaderni di intelligence”, costola della rivista ufficiale dei servizi segreti italiani Gnosis. La collana è dedicata, per l’appunto, alla promozione e alla diffusione della cultura della sicurezza e delle discipline scientifiche sull’intelligence. Insomma, i servizi si mettono in vetrina. «L’intento - si legge sul sito della Sicurezza nazionale - è quello di fornire spunti per la riflessione su dottrina e prassi della funzione informativa nel terzo millennio. Tale riflessione, avviata in seno al Sistema d’informazione per la sicurezza della Repubblica, potrà così giovarsi del contributo della società civile, favorendo un’interazione tra chi è chiamato a “fare” intelligence, i fruitori dell’attività di informazione per la sicurezza e la cittadinanza intera, alla cui tutela l’intelligence è preordinata».
L’INIZIATIVA. I “Quaderni di intelligence” sono proposti ai lettori sia in forma cartacea sia in formato digitale e sono consultabili anche attraverso i lettori e-book. Si tratta del primo rapporto sullo stato della cultura della sicurezza in Italia e sulle sue prospettive di sviluppo nato dalla collaborazione tra il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza - l’organismo diretto dal prefetto De Gennaro che sovrintende all’attività dei due Servizi (Aisi e Aise) - e tre universita  italiane. Gli atenei coinvolti (Luiss “Guido Carli” di Roma, la Scuola superiore di studi universitari di perfezionamento Sant’Anna di Pisa e l’Università europea di Firenze) hanno messo a disposizione dell’intelligence le loro strutture e offerto ai loro docenti l’opportunità di partecipare all’avvio di un’ampia riflessione sui temi della sicurezza nazionale. Al progetto hanno partecipato giuristi, economisti, politologi, ambasciatori, magistrati, avvocati dello Stato, prefetti ed ex responsabili di apparati della sicurezza. «La legge sul Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica - si legge nell’introduzione del primo numero dei Quaderni - affida al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza un compito del tutto nuovo per i nostri apparati informativi: la promozione e la diffusione della cultura della sicurezza, alle quali affianca, ancora una volta innovando radicalmente rispetto al passato, la comunicazione istituzionale. Nello stesso tempo, la legge ha significativamente ampliato il campo d’azione delle due Agenzie di informazioni per la sicurezza, aggiungendo alla difesa dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato democratico la protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali del nostro Paese. Di fronte ad un quadro normativo così radicalmente mutato, - prosegue l’introduzione - per impostare le attività volte alla promozione e diffusione della cultura della sicurezza, il Dis ha costituito un ristretto gruppo di qualificati esponenti del mondo accademico e istituzionale, che ha definito un programma d’iniziative per avviare la discussione pubblica sui temi della sicurezza nazionale alla luce della nuova missione istituzionale assegnata dalla riforma ai servizi di informazione». Nel primo numero dei Quaderni trovano spazio alcune importanti riflessioni che mettono a fuoco un ristretto novero di idee-forza sulle quali l’intelligence intende aprire un dibattito pubblico «orientato alla costruzione di una nuova cultura della sicurezza, anche in relazione ai temi cruciali che tuttora si pongono per l’attuazione della riforma». Si va dal rapporto tra la comunità dell’intelligence e le università, e tra servizi segreti e politica, alle missioni dell’intelligence e l’interesse nazionale, la riservatezza delle informazioni per la sicurezza nazionale, l’apporto dell’intelligence all’economia nazionale e al sistema-Paese, le professionalità e i talenti per l’intelligence, ma anche il rapporto tra l’intelligence e il mondo della comunicazione.

di Fabrizio Colarieti per Il Punto del 12 aprile 2012 [pdf]

genova01GNei corridoi del Viminale lo chiamano “effetto Diaz”. E’ la spada di Damocle che incombe sulla polizia di Stato e che, da qui a qualche mese, potrebbe condizionare ogni decisione, comprese nomine e avvicendamenti ai vertici (anche dei servizi segreti). E’ tutto legato agli esiti dell’ultimo processo, quello per la brutta storia dell’irruzione alla scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001, che vede imputati alcuni dirigenti della polizia di primissimo livello. Dovrebbe concludersi a metà giugno, in Cassazione (le udienze sono fissate dal giorno 11 al 15), ma su di esso incombe la prescrizione dei reati (quello di calunnia lo è già, mentre per il falso scatterà a 12 anni e mezzo dal fatto). In Appello, nel maggio 2010, ribaltando la sentenza di primo grado del tribunale di Genova, i giudici avevano condannato i 25 imputati a complessivi 98 anni e tre mesi di reclusione con l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Tra questi spiccavano - e spiccano ancora oggi in attesa del verdetto della corte suprema - i nomi di Francesco Gratteri, ex capo del Servizio centrale operativo (attuale direttore centrale della polizia criminale, assolto in primo grado e condannato a 4 anni), Gilberto Caldarozzi, ex vicecapo dello Sco (attuale capo dello Sco, assolto e poi condannato a 3 anni e 8 mesi), Vincenzo Canterini, ex comandante del primo Reparto mobile di Roma (oggi ufficiale di collegamento dell’Interpol a Bucarest, assolto e condannato a 5 anni) e Giovanni Luperi, ex vicedirettore dell’Ucigos (oggi capo Dipartimento analisi dell’Aisi, assolto e condannato a 4 anni). Erano tutti presenti a Genova la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 e secondo le motivazioni della sentenza d’appello, in base all’articolo 40 del codice penale, avevano l’obbligo di impedire le violenze che si consumarono durante la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz (93 arresti e 82 feriti). Il blitz, ordinato dagli allora vertici della polizia, fu definito da uno degli imputati, Michelangelo Fournier, all’epoca vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma (in appello prosciolto per intervenuta prescrizione), «una macelleria messicana». Odissea terminata per altri due imputati eccellenti: l’ex capo della polizia e attuale direttore del Dis, Gianni De Gennaro, e l’allora capo della Digos di Genova, oggi dirigente della Polfer a Torino, Spartaco Mortola, assolti in via definitiva nel novembre scorso, perché il fatto non sussiste. Quest’ultimi erano accusati (sempre per i fatti della Diaz) di aver istigato alla falsa testimonianza l’ex questore del capoluogo ligure, Francesco Colucci. L’impatto del prossimo verdetto della Cassazione potrebbe condizionare, e non di poco, il valzer di nomine riguardanti i vertici di tutti gli uffici centrali della polizia, compreso lo Sco e la poltrona più alta, quella del capo, al momento occupata dal prefetto Antonio Manganelli. I nomi in corsa - come già anticipato da Il Punto - sono diversi. Tra i più quotati ci sono quelli di due prefetti-poliziotti: Giuseppe Caruso, già questore a Roma e Palermo, di cui è stato anche prefetto e attuale direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata, e Giuseppe Pecoraro, attuale prefetto di Roma la cui candidatura sarebbe fortemente caldeggiata dal Pdl. Ma in corsa per occupare il posto di Manganelli ci sarebbero anche due investigatori di lungo corso: Nicola Cavaliere, oggi vicedirettore operativo dell’Aisi, e l’attuale capo del Dipartimento della protezione civile, già direttore del Sisde e prefetto de L’Aquila dopo il sisma del 6 aprile 2009, Franco Gabrielli. L’“effetto Diaz” potrebbe condizionare anche la carriera dell’attuale direttore dello Sco, Gilberto Caldarozzi, e quella di Francesco Gratteri, attuale direttore centrale del Dipartimento anticrimine. Il governo, sentito il Viminale, tra maggio e giugno potrebbe mettere mano alle nomine, in concomitanza sia con la sentenza della Diaz sia con la scadenza dei mandati dei direttori di Aisi e Aise, Giorgio Piccirillo e Adriano Santini.

di Fabrizio Colarieti per Il Punto del 29 marzo 2012 [pdf]