«Non credo nei miti né, tantomeno, nei criminali mitizzati. Tuttavia Carlos è un personaggio più importante di quello che possiamo pensare, specialmente per l’Italia». A parlare a Notte Criminale di Carlos “lo sciacallo”, al secolo Ilich Ramírez Sánchez, la Primula rossa del terrorismo internazionale che ha recentemente ispirato una miniserie televisiva su Fx, è Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’Ansa, scrittore e profondo conoscitore del terrorismo stragista. «Il nome di Carlos – prosegue Cucchiarelli – lo troviamo in molte pagine della nostra storia degli ultimi trent’anni, collegato alle Brigate Rosse, al caso Moro, ma anche della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Carlos, perciò, è più importante di quello che pensiamo. E’ un personaggio immerso nella storia italiana, utile a capire, a decriptare, vicende complesse, misteri senza fine. Ha raccontato, e continua a raccontare, una parte sconosciuta della nostra storia, una parte ancora tutta da scrivere. Nel 2008, tramite i suoi avvocati, gli inviai in carcere a Parigi, venti domande sul caso Moro, ma anche su Bologna, e lui rispose. Da quella corrispondenza è nata l’intervista esclusiva pubblicata dall’Ansa. Come tutti i terroristi – afferma ancora il giornalista Paolo Cucchiarelli – Carlos è una persona che fa politica e che, perciò, racconta ciò che gli fa comodo. La bravura del giornalista, ma anche del magistrato, sta nell’interpretare le sue parole, capire dove finisce la strumentalizzazione politica e dove inizia il racconto di elementi che possono essere utili a ricostruire scenari importanti, specialmente per l’Italia».
CHI E’ CARLOS ?
Lo sciacallo è considerato per decenni la Primula rossa del terrorismo internazionale. Un terrorista e mercenario venezuelano, definito “rivoluzionario professionista”, che attualmente sta scontando una condanna all’ergastolo in Francia. Ramírez Sánchez (nella foto) nasce a Caracas il 12 ottobre 1949, suo padre, un avvocato marxista, gli diede il nome Ilich ispirandosi a Lenin. Carlos studia a Caracas, oltre alla sua lingua, lo spagnolo, conosce l’arabo, il russo, il francese e l’inglese. Nel 1959 partecipa al movimento giovanile del partito comunista nazionale. Nel gennaio del 1966 partecipa con suo padre alla Terza Tricontinentale, passa l’estate a Camp Mantanzas, una scuola di guerriglia gestita dal General Intelligence Directorate cubano. Lo stesso anno, dopo il divorzio dei genitori, lascia il Venezuela con la madre e il fratello e si trasferisce a Londra per continuare gli studi allo Stafford House Tutorial College di Kensington. Nel 1968 suo padre tentò di farlo entrare, insieme al fratello Lenin, alla Sorbona, ma alla fine scelse la Patrice Lumumba University di Mosca da dove Ilich venne espulso nel 1970.Si trasferì in un campo di addestramento del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ad Amman, in Giordania, dove prese lo pseudonimo di Carlos, poi ribattezzato “lo sciacallo” dalla stampa, per una copia del romanzo “Il giorno dello sciacallo” di Frederick Forsyth trovata tra le sue cose. Combatte per l’Fplp, viene espulso dal governo giordano e lascia il medio-oriente ritornando a Londra, dove segue alcuni corsi di economia alla London School of Economics, pur continuando a lavorare per il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Carlos avrebbe firmato il suo primo attentato nel 1973 a Londra, sparando, contro il direttore di un grande magazzino, un colpo di pistola che però fu deviato dalla dentiera dell’uomo. E’ ritenuto l’autore o l’ispiratore di vari sanguinosi attentati avvenuti in Europa negli anni ’70 e ’80, i più importanti dei quali sono il sequestro (a Vienna nel 1975) di 70 persone tra cui 11 ministri del petrolio dei paesi dell’Opec, concluso con tre morti; un attentato, nel 1982, contro il treno Tolosa-Parigi sul quale avrebbe dovuto trovarsi il sindaco di Parigi Jacques Chirac, cinque morti.
Carlos sarebbe stato al centro di una rete terroristica internazionale e avrebbe avuto rapporti soprattutto con gruppi oltranzisti palestinesi, come il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, e con gruppi terroristi tedeschi (l’ex estremista della Raf Magdalena Kopp è stata la sua compagna per 13 anni), più gli anarchici del “Movimento 2 giugno” e le “Cellule rivoluzionarie” (Rz) e la Raf. Si è nascosto in Siria e nello Yemen, ma la Kopp (nella foto) raccontò anche che la Stasi della Germania Est li ospitò. Oltre al terrorismo, Carlos ha coltivato anche la sua romantica immagine di dandy vecchia maniera, collezionista di belle donne, ebbe una relazione anche con il suo avvocato francese, gran bevitore, fumatore di sigari di grande qualità e nottambulo impenitente. Una delle tante leggende sul suo conto vuole che il suo arresto, nel ’94 in Sudan, sia stato provocato da una rissa per gelosia tra due donne che causò l’intervento della polizia. Il 24 dicembre 1997 Carlos viene condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Parigi per il triplice omicidio della Rue Toullier del 27 giugno 1975. Alla lettura della sentenza alzò il pugno chiuso gridando: “Viva la rivoluzione”. Il 23 giugno 1999 la Cassazione ha respinto il ricorso e la condanna al carcere a vita è diventata definitiva. In seguito la Francia ha respinto la richiesta di estradizione presentata dall’Austria per il sequestro dei ministri dei paesi Opec del ‘75. Nel marzo del 2000, dal carcere parigino della Santé, Carlos ha parlato per la prima volta con la stampa italiana del caso Moro, di Ustica e della strage di Bologna. Nel 2004 la Commissione bicamerale d’inchiesta sul caso Mitrokhin si è recata a Parigi per acquisire documenti sul terrorista in riferimento ai suoi rapporti con la “rete” dei Servizi dell’Est. Nello stesso anno anche il pm della Procura di Roma, Franco Ionta, si recò in Francia a interrogare il terrorista venezuelano nell’ambito della nuova inchiesta sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro ma Carlos si avvalse della facoltà di non rispondere.Nel 2007 viene rinviato a giudizio dinanzi alla Corte d’assise di Parigi anche per una serie di attentati commessi in Francia tra il 1982 e il 1983 che hanno provocato complessivamente undici morti e più di un centinaio di feriti. La leggenda vuole che i servizi di tutto il mondo avessero di lui nei loro archivi solo una vecchia fotografia. (Fonte Ansa)
CARLOS E IL CASO MORO
Il nome di Carlos è stato collegato diverse volte al caso Moro, ma sempre in maniera trasversale, indefinita, o talmente avventurosa da sembrare romanzesca: Nel 1985 due giornalisti dell’agenzia giapponese Kyodo rivelano di aver appreso “da fonti sicure ad altissimo livello” che il rapimento Moro sarebbe stato proposto alle Brigate rosse da Carlos che sarebbe entrato clandestinamente in Italia, avrebbe diretto il sequestro e sarebbe poi sparito dopo l’uccisione di Moro. Nello stesso anno l’ex sottosegretario della Dc, Franco Mazzola, nel suo libro “I giorni del diluvio”, racconta il caso Moro in modo romanzato e attraverso personaggi che hanno nomi diversi ma spesso riconoscibili. In uno di questi è facile riconoscere lo “sciacallo”. Nel 1995, i carabinieri dei Ros arrestano a Roma la terrorista tedesca Margot Christa Frohlich, moglie del brigatista Sandro Padula, condannato all’ergastolo nel processo Moro-Ter. La Frohlich è stata una delle principali collaboratrici di Carlos. Nel 2000, il settimanale “7Giorni7”’ scrive che Carlos avrebbe addestrato i rapitori di Aldo Moro e pubblica due documenti che proverebbero i contatti internazionali delle Brigate rosse. Nello stesso anno Carlos rilascia un’intervista scritta al Messaggero nella quale, oltre ad affermare che le Br erano ancora in fase operativa e che “bisogna aspettarsi nuovi attacchi terroristici”, dice che quello del brigatismo rosso è un fenomeno del tutto italiano, non vi sono “agenti stranieri”, che Moro “poteva essere salvato”, e che all’interno dei servizi italiani c’era un gruppo favorevole alla trattativa con le Br, per salvare Moro e “l’indipendenza dell’Italia”. Invece sono stati dimessi e costretti ad andare in pensione”. Un mese dopo, altra intervista, questa volta al Tempo. I contenuti sono più o meno gli stessi con l’aggiunta dell’affermazione: “Ho soggiornato in Italia quando ero giovane, negli anni Settanta”.
Nel 2003, da Parigi, Oreste Scalzone racconta che, verso la fine del caso Moro, uno dei collaboratori di Carlos, il tedesco Johannes Weinrich, cercò, attraverso gruppi di sinistra in Svizzera, contatti con Scalzone e l’area dell’Autonomia, per sondare la possibilità di una strada per ottenere la liberazione di Moro. Dietro il tentativo di mediazione ci sarebbe stato l’Olp su sollecitazione del colonnello Giovannone, dirigente dei servizi segreti italiani in Medio Oriente e iscritto alla P2. Nel 2004, alcuni membri della commissione Mitrokhin fanno trapelare che tra i membri della “Separat”, una rete gestita del terrorista internazionale Carlos, ci sarebbe anche il brigatista rosso Valerio Morucci, uno dei postini del caso Moro.Nel 2005 Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della Camera, dichiara che sul famoso “tiratore scelto” presente in via Fani c’è il sospetto che sia un tedesco della banda di Carlos o comunque a lui collegato.Ad aprile del 2008, Antonino Arconte, che afferma da anni di aver fatto parte, con il codice G-71, di una “Gladio militare” mai resa nota, dice che “secondo la nostra rete in Nord Africa e Medioriente, lo Sciacallo era della partita Moro con alcuni specialisti della sua rete, la Separat.
Tuttavia sfuggì alla caccia dopo che, secondo le nostre informazioni, aveva partecipato direttamente all’operazione Moro”. Lo stesso Arconte sostiene di essere stato incaricato di consegnare, il 2 marzo 1978 (quindi più di due settimane prima del rapimento Moro), un messaggio, a distruzione immediata, che affermava: “segnalati movimenti insoliti intorno alla sede del governo Arafat, a Tunisi. Lo sciacallo ha lasciato la sua tana di Tripoli. Si ordina a tutto il personale O.G. (Operazione Gladio) militare e civile di attivarsi per conoscere gli spostamenti e riferire. Si autorizza intercettazione e conclusione, se impossibile il prelievo”. L’ordine sarebbe stato inviato a tutte le stazioni di Malta, Mersina, Partus, Beirut, Sidone, Alessandria d’Egitto, Bengasi, Sirte, Tripoli, Tunisi, Algeri, Tangeri. (Fonte Ansa)
CARLOS E LA STRAGE DI BOLOGNA
Ulteriore depistaggio, confusa allusione o mezza verità? Ogni qualvolta Ilich Ramírez Sánchez parla della strage di Bologna del 2 agosto 1980 si scatena la polemica tra chi giura sulla totale innocenza di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, definitivamente bollati dalla giustizia italiana come i responsabili del più grave fatto di sangue della nostra recente storia, e chi trova nelle parole del terrorista venezuelano indirette conferme al lungo lavoro svolto dai magistrati bolognesi che ritengono i due capi dei Nar gli autori della strage del 2 agosto 1980.Con le sue dichiarazioni, centellinate nel tempo, Carlos ha costruito quasi una “sceneggiatura” di come, secondo lui, sono andate le cose alla stazione del capoluogo emiliano quella mattina. Eccola in sintesi, con le dovute e necessarie spiegazioni. Nel 2005 dopo che in Italia da parte di esponenti di An si era avanzata l’idea della presenza di uomini di Carlos a Bologna quella mattina il terrorista disse al Corriere della Sera che “un compagno tedesco era uscito dalla stazione pochi istanti prima dell’esplosione”. “Si trattava di Thomas Kram. Era un insegnante comunista di Bochum, rifugiato a Perugia. Il giorno prima della strage era a Roma, pedinato da agenti segreti che lo seguirono anche sul treno per Bologna. Kram aveva solo un sacchetto di plastica con oggetti personali, ma se fosse morto nell’attentato, sarebbe stato facile attribuirgli ogni colpa”. Alla base della “lettura” data da An vi era la tensione tra l’Fplp, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina e l’Italia per l’arresto del suo rappresentante nel nostro paese, Saleh Abu Anzeh. Il tutto nasceva dal sequestro di due missili Strela sequestrati all’autonomo Daniele Pifano nel novembre del ’79 ad Ortona e che appartenevano proprio all’Fplp.
Kram, che apparteneva a un piccolo gruppo collegato alla rete Carlos entrò in latitanza proprio il 2 agosto del 1980 e solo qualche tempo fa si è consegnato alla giustizia tedesca. Nel giugno di quest’anno il Pm bolognese Paolo Giovagnoli è andato a Berlino per interrogarlo ma senza risultato. Kram infatti si è avvalso della facoltà di non rispondere e la stessa cosa hanno fatto altri tre personaggi in passato legati alle Cellule rivoluzionarie tedesche, la formazione della estrema sinistra in cui militavano. L’unica dichiarazione di Kram è venuta da un’intervista fatta il 1 agosto del 2007 a “Il Manifesto”. Kram disse: “Non sono io il mistero da svelare. La polizia italiana mi controllava. Sapeva in che albergo avevo dormito a Bologna, il giorno prima mi aveva fermato”. Di quel giorno Kram ricorda di essersi svegliato tardi e di essere arrivato in stazione quando già sul piazzale vi erano pompieri e ambulanze. In questa ricostruzione dettagliata di Kram vi sono tuttavia “alcuni buchi”, come per esempio la smentita data da una sua amica di un incontro che doveva esserci a Milano. Nelle carte che hanno dato il via a questo nuovo filone e che erano firmate dall’allora capo della Polizia Gianni De Gennaro si segnalava che Kram era stato individuato al momento del suo ingresso in Italia, pedinato, fermato, perquisito e rilasciato. Recentemente, intervistato dall’Ansa, a Carlos è stata posta questa domanda ipotizzando, sulla base delle sue dichiarazioni, che agenti occidentali abbiano fatto saltare in aria, con un piccolo ordigno, un più rilevante carico di materiale esplodente trasportato da palestinesi o uomini legali all’Fplp e alla rete Carlos con l’intento di far ricadere su questa ben diversa realtà politica tutta la responsabilità della strage alla stazione. Come già fatto nel 2005 Carlos ha risposto addebitando agli americani, agli israeliani e alle strutture della Gladio la strage che “non ha potuto essere opera dei fascisti e ancora meno dei comunisti”. Per ora i riferimenti di Carlos si chiudono qui anche se non ha mai chiarito come in tasca a Kram venne trovato un biglietto con la scritta Heidi, nome in codice della terrorista tedesca Frolich anche lei a Bologna in quei giorni tanto che il portiere dell’Hotel Jolly la riconobbe. (Fonte Ansa)
di Fabrizio Colarieti per Notte Criminale
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