La rete informatica in uso al ministero della Giustizia, ma anche quelle di altre realtà pubbliche e private, ha subìto nei giorni scorsi un pesante attacco informatico che ha esposto i dati sensibili di oltre trentamila domini e mezzo milione di caselle di posta elettronica, di cui 98mila in uso ad enti pubblici. La conferma è arrivata da parte del vicedirettore generale per la cyber sicurezza del Dis, Roberto Baldoni. Il Dipartimento di Palazzo Chigi, che sovrintende all’attività delle agenzie di intelligence, ha confermato l’episodio, avvenuto tra il 10 e il 12 novembre, che ha imposto, per diverse ore, anche il blocco precauzionale delle caselle di posta elettronica certificata dei magistrati e delle attività telematiche di tutti i tribunali. Al momento la situazione “risulta sotto controllo”, hanno spiegato da Palazzo Chigi al termine del vertice tecnico convocato su disposizione del presidente del consiglio Giuseppe Conte, anche se non è ancora chiaro quale fosse l’obiettivo degli hacker. Non erano certamente italiani e, secondo quanto ha riferito Baldoni, avrebbero agito in modo “non estremamente raffinato”. Le prime avvisaglie di un possibile attacco - su cui ora indagano gli esperti della Polizia delle comunicazioni - c’erano state già il 10 novembre imponendo un congelamento precauzionale dei servizi che, tuttavia, non ha evitato la compromissione di oltre trentamila domini e di circa 500mila caselle di posta. ...continua a leggere "Italia sotto attacco hacker. A rischio più di 500mila email"
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Manenti, dall’ultima missione alla successione. Il capo del Servizio segreto militare chiude il suo mandato portando il maresciallo Haftar a Palermo
Parteciperà o non parteciperà? La presenza del maresciallo Khalifa Haftar, comandante della Cirenaica e capo dell’Esercito nazionale libico, alla conferenza sulla Libia promossa dal Governo italiano a Palermo, ha tenuto tutti con il fiato sospeso. E deve essere stata una mediazione complicata, quella avviata da giorni dagli emissari di Roma, visto che la presenza di Haftar a Villa Igiea è rimasta in dubbio fino al tardo pomeriggio di ieri quando il premier Giuseppe Conte, pur dichiarandosi ottimista, ha dato il via alla conferenza con l’incognita che il maresciallo avrebbe potuto disertare l’appuntamento. Del resto Haftar, se si vuole avviare un processo di stabilizzazione nel Paese africano, è un interlocutore indispensabile. Dunque il successo del vertice di Palermo era legato anche, e soprattutto, alla sua presenza. Alla fine Haftar ha accettato e l’Italia gli ha anche messo a disposizione un aereo per raggiungere Palermo. Dietro la mediazione che ha portato a questo risultato c’è il lavoro dei Servizi italiani. La scorsa settimana il capo dell’intelligence militare (Aise), Alberto Manenti, era volato a Mosca ad incontrare il maresciallo per facilitare la sua partecipazione. Non è un segreto, infatti, che Palazzo Chigi abbia congelato la nomina del nuovo direttore dell’Aise ...continua a leggere "Manenti, dall’ultima missione alla successione. Il capo del Servizio segreto militare chiude il suo mandato portando il maresciallo Haftar a Palermo"
La polizia consegna la droga. Così scova i grandi trafficanti
A portare la droga è la polizia. Non è un favore, né un caso di malaffare, ma il primo tentativo riuscito di assecondare le grandi organizzazioni internazionali per scoprirne mandanti e pedine. L’operazione si è appena conclusa in Olanda, dove i nostri agenti coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Genova hanno recapitato una partita di droga, individuando così due importanti trafficanti turchi. La droga (270 chilogrammi di eroina), nel corso della prima fase dell’operazione, era stata sequestrata dagli investigatori della Squadra mobile di Genova e del Servizio centrale operativo di Roma, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane, nel porto del capoluogo ligure dove il carico era sbarcato da una nave proveniente dall’Iran. La nave, “Artabaz”, era partita dal porto iraniano di Bandar Abbas alla volta della Turchia e dell'Europa, dopo aver toccato i porti di Amburgo e Valencia, era giunta a Genova. Esaminando le polizze di carico, il contenuto di 3 dei 31 container sbarcati aveva attirato l’attenzione degli ispettori dell’Agenzia delle Dogane. I container trasportavano bentonite, ovvero un minerale argilloso in polvere, destinata a una ditta con sede nella Repubblica Ceca. Il carico di droga era in uno di questi container. A questo punto, d'intesa con la Dda di Genova, la Polizia ha lasciato una parte dell’eroina nel container installando al suo interno un rilevatore satellitare. ...continua a leggere "La polizia consegna la droga. Così scova i grandi trafficanti"
Bocciata la legge salva-Consip. Per la Consulta la polizia giudiziaria risponde al pm
Obbligare la polizia giudiziaria a riferire le notizie di reato per via gerarchica, anziché direttamente all’autorità giudiziaria, come prevede il codice di procedura penale, intacca le attribuzioni costituzionali dei pubblici ministeri. Dunque la norma varata nel 2016 dall’allora Governo Renzi è incostituzionale, come sostengono da tempo i magistrati. Ora lo ha sancito la Corte costituzionale accogliendo il ricorso, per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, avanzato dal procuratore di Bari, Giuseppe Volpe, nei confronti del Governo. Per comprendere come nacque quel decreto legislativo, prima ancora di raccontare la sua fine, è necessario fare un passo indietro. L’esecutivo Renzi lo varò, con l’obiettivo di “razionalizzare le funzioni di polizia”, nelle stesse settimane, era l’estate del 2016, in cui sulle pagine dei giornali comparivano le prime notizie (o, meglio, fughe di notizie) sul coinvolgimento del padre dell’allora premier Renzi e del suo fedelissimo ministro, Luca Lotti, nell’inchiesta Consip. Quale fu l’impatto della norma sulle indagini in corso sulla centrale acquisti della Pa lo hanno raccontato, dando forma al sospetto, i magistrati (prima di Napoli e poi di Roma) che per quelle fughe di notizie hanno recentemente notificato un avviso conclusione delle indagini, tra gli altri, allo stesso ex ministro Lotti (per favoreggiamento), all’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette (per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento), e al generale dell’Arma, Emanuele Saltalamacchia (anche a lui per favoreggiamento).
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