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Il tempo stringe. Ma sui nuovi vertici dei Servizi segreti tra M5S e Lega l’accordo ancora non c’è. Ciononostante il premier Giuseppe Conte sa bene che la matassa delle nomine dovrà essere sbrogliata a breve. La partita, di non facile soluzione, riguarda l’Aise, l’agenzia di intelligence nata dalle ceneri del Sismi, che si occupa di estero, e il Dis, il dipartimento delle informazioni per la sicurezza di Palazzo Chigi che sovrintende all’attività operativa della stessa Aise, ma anche dell’Aisi, l’agenzia per la sicurezza interna (ex Sisde). L’unica che manterrà inalterato il suo vertice, affidato al generale dei carabinieri, ex comandante del Ros, Mario Parente, riconfermato per due anni da Gentiloni. L’ultima parola spetta a Conte, avendo trattenuto la delega all’intelligence, ma per ora, tra Lega e M5S non c’è ancora accordo sui nomi destinati alle due principali poltrone. Quella di Alberto Manenti all’Aise e quella del prefetto Alessandro Pansa al Dis. Ma tra i due la vera spia che lascerà il campo, è Manenti, alla guida di Forte Braschi dal 2014. Il numero uno del controspionaggio ha 66 anni ed è una risorsa del servizio segreto militare dal 1972. Nato a Tarhuna, in Libia, Manenti è uno dei pochi agenti arrivati al vertice dell’Aise che parla arabo. Ben visto dalla Cia e dalle intelligence di molti Paesi caldi, ha traghettato le barbe finte di Forte Braschi dopo l’era Pollari e gli scandali che avevano fortemente minato la credibilità del Sismi (caso Abu Omar e scandalo dossieraggio Telecom). Pansa, 67 anni, già capo della Polizia, è arrivato al Dis nel 2016 prendendo il testimone da Giampiero Massolo. ...continua a leggere "Servizi segreti, si stringe sulle nomine ma tarda l’accordo Lega-M5S"

Sarà un processo, iniziato ieri davanti a un giudice monocratico del tribunale di Rieti, a stabilire se a causare la morte di un’intera famiglia (madre, padre e due bambini piccoli) fu il terremoto che il 24 agosto 2016 colpì Accumoli e Amatrice, nel Reatino o, come sostiene l’accusa, fu l’incuria dell’uomo. La storia è quella della famiglia Tuccio, sterminata, ad Accumoli, dal crollo della torre campanaria della chiesa dei Santi Pietro e Lorenzo. L’inchiesta, condotta dai pm Lorenzo Francia e Rocco Gustavo Maruotti della Procura di Rieti, ha concluso che la morte di Andrea Tuccio e di sua moglie Graziella Torroni, entrambi 34enni, e dei loro bambini, Stefano di 8 anni e Riccardo di appena 9 mesi, poteva essere evitata, individuando responsabilità a carico di sette tra tecnici e amministratori. La vela crollò in un istante con la scossa delle 3.36, del terremoto che ad Accumoli ebbe il suo epicentro. Come un meteorite, piombò violentemente sul tetto dell’adiacente edificio comunale sfondando, in caduta, prima la copertura della casa canonica e poi due solai dell’abitazione dove abitava in affitto la famiglia Tuccio. «Andrea e Graziella, insieme ai suoi due bambini, non ebbero scampo e quella notte non dovevano essere lì», come ripetono da due anni i loro familiari, oggi parte civile nel processo, perché l’antica torre campanaria era stata già danneggiata da due precedenti terremoti, quello della Valnerina del 1979 e quello de L’Aquila del 2009 e, soprattutto, perché non era mai stata messa seriamente in sicurezza dalla Curia di Rieti. ...continua a leggere "Campanile di Accumoli, via al processo. «Quelle morti potevano essere evitate»"

Non si parla più di mafia. Eppure Cosa nostra, l’organizzazione criminale siciliana in guerra con lo Stato e le regole da oltre un secolo, è quella di sempre, almeno secondo quanto scrive nell’ultima relazione al Parlamento la Direzione investigativa antimafia (leggi). E cioè: imprevedibile, pericolosa e alla ricerca di nuovi equilibri. Il problema, dunque, acclarato che la minaccia non è mai scemata, è forse la sua scomparsa dalle pagine di gran parte dei quotidiani nazionali e dai palinsesti delle tv che fanno informazione, per non parlare del dibattito politico. A ricordarcelo, all’indomani di un episodio grave e che fa molto riflettere, è stato un giornalista di Repubblica, Salvo Palazzolo, una delle firme palermitane in trincea da anni alla ricerca, citando il titolo di un suo libro, dei “pezzi mancanti”. Lo ha fatto dopo aver subìto, lo scorso 13 settembre (leggi), una perquisizione, in casa e in redazione, il controllo del suo computer personale e il sequestro del suo cellulare, alla faccia della tutela delle fonti e del diritto di cronaca. Palazzolo, reo di aver rivelato la chiusura dell'indagine sul depistaggio Scarantino (l’inchiesta che ha riscritto daccapo la storia della strage di via D’Amelio in cui fu trucidato Paolo Borsellino e la sua scorta - leggi), è indagato per rivelazione di notizie, cioè la chiusura dell'indagine a carico di tre poliziotti sotto accusa per il colossale depistaggio costruito imboccando il pentito Vincenzo Scarantino (l’udienza davanti al gup è iniziata il 20 settembre - leggi). ...continua a leggere "A Palermo il problema è il traffico. Spunti per non dimenticare che la mafia esiste ancora"

È cominciato oggi, in una gremita aula del Tribunale di Rieti, il primo processo per il sisma di Accumoli e Amatrice del 24 agosto 2016. La prima inchiesta penale che è approdata davanti a un giudice, di quelle avviate e concluse dal pool di inquirenti della Procura di Rieti, riguarda i crolli delle case popolari di Piazza Augusto Sagnotti, ad Amatrice. Il giudice monocratico Carlo Sabatini dovrà dare una risposta ai familiari di 18 vittime, e cioè se fu il terremoto o l'uomo a causare quelle morti. Gli imputati sono 5, chiamati a rispondere di omicidio colposo plurimo, crollo colposo, disastro e lesioni. Si tratta dell'allora direttore tecnico della So.Ge.Ap, l'impresa appaltatrice che costruì le palazzine, Ottaviano Boni, e dell'allora amministratore unico della stessa impresa, Luigi Serafini. Imputati anche il presidente pro-tempore dell'Istituto autonomo case popolari (Iacp), Franco Aleandri, il geometra della Regione-Genio Civile, Maurizio Scacchi, e l'allora assessore del Comune di Amatrice, Corrado Tilesi. In qualità di responsabili civili sono stati chiamati in causa, e ammessi al dibattimento, anche due enti, la Regione Lazio (per Genio civile e Ater) e il Comune di Amatrice. I due edifici, secondo le conclusioni dell'inchiesta condotta dai pm Rocco Gustavo Maruotti e Lorenzo Francia, non avrebbero retto un terremoto, anche se la scossa fosse stata inferiore a magnitudo 6.0. ...continua a leggere "Al via il processo per i crolli delle case popolari di Amatrice"