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Goffredo Buccini“Fu un orrore politico, più che un sequestro di persona. A Salvini andrebbe attribuita la responsabilità di aver sfruttato le paure degli italiani per accrescere il consenso nei suoi confronti. Non ha mai fermato gli sbarchi fermando le navi delle Ong. Quello che ha fatto doveva servire solo a coprire il fallimento dei suoi decreti sicurezza”. Goffredo Buccini, firma del Corriere, arriva in libreria con Italiani e no. Dagli albanesi ai “taxi del mare”. Storia di un paese a galla su trent’anni di paure (edito da Solferino) nelle stesse ore in cui per il leader del Carroccio si aprono le porte del tribunale di Catania per la vicenda del sequestro della Gregoretti.
Il 3 ottobre, scrivi nel tuo libro, ricorda, non tanto l’inizio di un processo, ma la morte di 368 migranti. E’ singolare come scelta.
“E’ una data pazzesca. Una coincidenza singolare che dovrebbe imporre a tutti una certa compostezza. Non è il giorno del processo Salvini, bensì la settima ricorrenza del naufragio di Lampedusa in cui morirono 368 migranti, quasi tutti eritrei, quindi veri profughi che scappavano da una feroce dittatura”.
Dall’approdo a Bari della nave Vlora, nel 1991, al processo Gregoretti cosa è cambiato?
“Il cambiamento è enorme e in peggio. E’ facile non essere razzisti se non hai gli immigrati. Eravamo ‘italiani brava gente’ perché nel ’91 l’immigrazione era un fenomeno marginale. I trent’anni che mi colpiscono di più sono quelli che passano tra la morte di Jerry Masslo, che nel mio libro chiamo il ‘migrante 0’, e quella di Soumaila Sacko. ...continua a leggere "Parla il giornalista-scrittore Buccini. L’orrore politico di Salvini. Sfruttare le paure del Paese per lucrare consensi"

«Sarebbe stato più facile per tutti continuare a pensare che quello che è successo il 24 agosto 2016 fosse solo frutto del destino e non anche dell'opera dell'uomo. Ma se ci fossimo fermati a quella affermazione non avremmo detto tutta la verità, che purtroppo è quella che io dissi già 4 anni fa, dopo i primi accertamenti. È una verità processuale difficile da sopportare, perché quei tragici eventi si potevano e dovevano evitare». Sono le parole di Rocco Gustavo Maruotti, il magistrato che ha indagato sui crolli e sulle 18 vittime delle palazzine venute giù, la notte del sisma di Amatrice, a Piazza Augusto Sagnotti, facendo condannare tutti e 5 gli imputati. Parole che lasciano un segno, insieme a quell’immagine che ritrae un uomo dello Stato, con la toga sulle spalle, che un attimo dopo la lettura della sentenza, visibilmente commosso, si volta e incrocia gli occhi dei familiari delle vittime. Non accade spesso nelle aule dei tribunali. Accade, semmai, il contrario, cioè di raccontare storie di magistrati criticati, insultati, additati e caduti per aver fatto il loro dovere. Dunque quell’immagine non restituisce solo la conferma dell’umanità del pubblico ministero, ma anche, e soprattutto, quello che Maruotti ha detto a tutti noi con una frase molto significativa: «Spero solo che questa sentenza serva a riconciliare i cittadini di Amatrice con quello Stato che 30 anni fa li ha traditi con condotte scellerate». ...continua a leggere "Processo crolli Amatrice, il pm Maruotti: «Le mie erano solo lacrime di gratitudine»"

AmatriceNon fu solo colpa del terremoto, ma anche dell'uomo. E' la conclusione a cui è giunto il giudice monocratico del Tribunale di Rieti, Carlo Sabatini, chiudendo, con 5 condanne per complessivi 36 anni di carcere, il primo processo nato dalle inchieste sul sisma che la notte del 24 agosto 2016 rase al suolo Amatrice (Rieti). Per il Tribunale del capoluogo sabino, e per il pm Rocco Gustavo Maruotti, che sosteneva l'accusa in aula, a causare il crollo delle due palazzine gemelle di piazza Augusto Sagnotti (ex Iacp) fu l'incuria dell'uomo. Perché quelle case popolari, oltre ad essere abusive, erano anche costruite male. Talmente male che non avrebbero potuto sopportare un sisma, anche di magnitudo inferiore a quello che si registrò ad Amatrice. Una tomba per 18 dei 21 inquilini che quella notte non uscirono vivi da quei condomini, crollati a 'pancake', cioè un solaio sopra l'altro, come hanno sostenuto i periti dopo aver analizzato ciò che rimaneva di pilastri troppo sottili, armature esigue e calcestruzzo a bassa resistenza. Una responsabilità - tradotta nei reati di omicidio colposo plurimo, crollo colposo, disastro e lesioni - che il Tribunale, accogliendo la tesi della Procura, ha ritenuto di attribuire a tutti e 5 gli imputati con pene che vanno dai 5 ai 9 anni di reclusione: Ottaviano Boni (9 anni), all'epoca direttore tecnico dell'impresa costruttrice Sogeap; Luigi Serafini, amministratore unico della stessa impresa (8 anni); Franco Aleandri, allora presidente dell'Iacp (7 anni); Maurizio Scacchi, geometra della Regione Lazio-Genio Civile (5 anni); Corrado Tilesi, ex assessore del Comune di Amatrice (7 anni). ...continua a leggere "Processo crolli Amatrice, prime 5 condanne. Il pm: quei 18 morti potevano essere evitati"

Boss Bonaventura"A chi aveva promesso sicurezza e vita, avete fallito". Comincia così la lunga lettera inviata alle più alte cariche dello Stato dal figlio, 20enne, di Luigi Bonaventura, ex boss della 'ndrangheta e oggi collaboratore di giustizia, in cui denuncia l'impossibilità di poter frequentare l'università in sicurezza e annuncia la scelta di lasciare l'Italia. "Vivo sotto programma (di protezione, ndr) da quasi 14 anni - si legge nella lettera che l'ANSA ha potuto visionare -, ma è da almeno 7 che ho iniziato per davvero a comprendere quel che vuol dire, comporta e limita. E' da 14 anni che io e la mia famiglia veniamo presi, spostati in un'altra città, senza conoscenze, appigli o aiuti, ripresi nuovamente, sballottati come giocattoli nelle mani di bambini viziati". E, scrive ancora il figlio dell'ex reggente della cosca Vrenna-Ciampà-Corigliano-Bonaventura di Crotone, "mi sento come un cane pronto per essere soppresso". Perché, dopo gli ottimi voti conseguiti alla scuola superiore, ha scelto di intraprendere la strada universitaria, ma quando ha chiesto l'autorizzazione per potersi iscrivere gli è stato risposto che non era possibile frequentare un ateneo "nella località protetta". "Le possibili opzioni date - spiega ancora il giovane - sono tanto confusionarie quanto pericolose. Dovrei sfoggiare il mio cognome originale addirittura al di fuori della provincia e quindi senza alcuna protezione". ...continua a leggere "Il figlio dell’ex boss Bonaventuna: “Non posso andare all’università in sicurezza”"