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JFK AssassinationLa storia di questo libro è già di per sé un mistero. Fu pubblicato in Italia nel 1968, da una piccola casa editrice torinese specializzata in testi scolastici, la Albra edizioni, che pochi mesi più tardi scomparve nel nulla. Un misterioso committente avvicinò il traduttore Luca Bernardelli, gli consegnò il manoscritto in inglese e lo pagò in contanti, pregandolo di fare in fretta. Il libro finì sugli scaffali a novembre dello stesso anno, con il titolo “L’America brucia”, poi, anch’esso, scomparve nel nulla. Oggi, a distanza di 44 anni, il saggio-inchiesta torna in libreria grazie a Nutrimenti, con il titolo “Il Complotto. La controinchiesta segreta dei Kennedy sull’omicidio di JFK” (pp. 272 euro 14,50), e alla giornalista Stefania Limiti che ne ha curato la nuova edizione. In quelle pagine c’era la controinchiesta promossa dalla famiglia Kennedy sull’assassino del presidente John Fitzgerald Kennedy, avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963. L’autore era James Hepburn, uno pseudonimo scelto dai Kennedy per mandare in stampa il loro dossier confezionato con l’aiuto dei Servizi segreti francesi e russi. L’assassinio di JFK ha avuto fin dagli anni Sessanta una troppo facile verità ufficiale, quella stabilita dalla commissione Warren, che identificò in Lee Harvey Oswald colui che sparò al presidente Kennedy, imbracciando un fucile di precisione Mannlicher-Carcano di produzione italiana. Ma la dinamica dell’attentato di Dallas, in particolare il numero di colpi sparati verso il corteo presidenziale e la loro traiettoria, le innumerevoli lacune nelle indagini, i poteri coinvolti, spinsero i Kennedy a cercare un’altra verità. Per questo vollero una loro controinchiesta che, incredibilmente, fu sostenuta sia dal generale De Gaulle, sia dai servizi segreti sovietici: ne nacque un dossier in forma di libro, intitolato “The Plot”, da cui emergeva, con nomi e cognomi, il quadro di una cospirazione ai danni del presidente americano. In Italia la Albra, dopo averlo tradotto, ne mandò in stampa solo poche copie, e in breve tempo si persero le tracce del saggio. Si arrivò a ipotizzare che la misteriosa pubblicazione fosse stata sollecitata addirittura dall’avvocato Gianni Agnelli e che l’uscita del libro fosse anche la causa del fallimento del piccolo editore torinese che, fino ad allora, si era occupato solo di libri scolastici. Questa edizione, a cura di Stefania Limiti, ripropone l’inchiesta segreta dei Kennedy con una dettagliata introduzione e un’intervista inedita a uno dei protagonisti della vicenda, William Turner, l’ex investigatore del Federal bureau of investigation, che lavorò con il procuratore distrettuale di New Orleans, Jim Garrison, passato alla storia per aver incriminato l’uomo d’affari e agente della Cia, Clay Shaw, con l’accusa di aver cospirato contro Kennedy. Nella postfazione del libro il giornalista dell’Ansa Paolo Cucchiarelli mette a confronto l’attentato di Dallas con una tragedia italiana: la strage di piazza Fontana.

di Fabrizio Colarieti per Il Punto del 2 febbraio 2012 [pdf]

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Roma, via della Grande Muraglia Cinese 46, 16 luglio 1995. È domenica e a Roma è una giornata molto calda. Il tenente colonnello dell’Esercito, Mario Ferraro, 46 anni, calabrese, distaccato al Sismi, esperto in informatica, traffici di armi e terrorismo internazionale, è in casa insieme alla sua compagna, Maria Antonietta Viali, per gli amici Antonella. Sono al quinto piano, in un attico nel quartiere Torrino, accanto all’Eur. La coppia è in assoluto relax dopo aver trascorso una giornata serena e scandita da poche e semplici azioni, ignari che quella sia la loro ultima domenica insieme. La mattina si sono alzati tardi, intorno alle undici, hanno fatto colazione e poi sono andati sul terrazzo, portando con loro riviste, bibite e gli amati Toscani, a prendere il sole fino alle quattordici. Sono riscesi nell’appartamento per pranzare e hanno trascorso gran parte del pomeriggio in casa a ridere, scambiarsi baci, carezze e fare programmi per il futuro. Verso le 19, quando il caldo è meno insopportabile, sono ritornati in terrazzo dove il ponentino, la brezza che arriva dal mare, comincia a rinfrescare l’aria e hanno giocato a scalaquaranta fin verso le venti quando Mario ha deciso di uscire a fare quattro passi. Mario ha infatti finito i suoi sigari, passione che ha in comune con la sua compagna e ha voglia di mangiare un gelato, per cui propone a Maria Antonietta di andare in tabaccheria e poi alla gelateria Giolitti, in viale Oceania. Lei vuole rimanere in casa per cui, dopo aver insistito un po', decide di uscire lo stesso, da solo. Fa la doccia, si veste sportivo con una polo e un paio di jeans e torna di nuovo in terrazzo per vedere se per caso Maria Antonietta ha cambiato idea. Lei è decisa a rimanere in casa a preparare la cena e poco prima che lui esca fa in tempo solo a chiedergli cosa vuole mangiare. ...continua a leggere "La strana morte di Mario Ferraro, agente del Sismi"

Chi manovrava le Brigate Rosse? Chi c’era dietro l’Istituto linguistico Hyperion di Parigi? E quali legami aveva la Hyperion con il terrorismo internazionale? Articoli, saggi, inchieste giudiziarie, sentenze, testimonianze: abbondano analisi e ricostruzioni della storia sulla più potente e sanguinaria organizzazione terroristica italiana, le Brigate Rosse. Eppure sono ancora molte le lacune, i passaggi non chiariti, i personaggi rimasti nell’ombra. Un nuovo saggio, in libreria da alcune settimane, tenta di fare luce su questi aspetti ripercorrendo la storia e le inchieste degli ultimi trent’anni. Lo firmano il giudice Rosario Priore, protagonista di alcuni dei più importanti processi della nostra storia, dall’attentato al Papa alla strage di Ustica, e il giornalista Silvano De Prospo. Lo fanno collegando a doppio filo la storia delle BR, sin dai suoi esordi, con quella di un gruppo di persone di cui ancora troppo poco si è scritto: Corrado Simioni, Duccio Berio e Vanni Mulinaris, fondatori agli inizi degli anni Settanta del Superclan – misteriosa organizzazione clandestina nata come costola delle Brigate Rosse – successivamente riparati a Parigi, e qui diventati insegnanti di lingue in un istituto, il centro Hyperion, su cui grava da decenni un sospetto: che fosse un centro di coordinamento dell’eversione internazionale.
Attraverso un meticoloso lavoro sulle fonti storiche e giudiziarie, “Chi manovrava le Brigate Rosse?” (Ed. Ponte alle Grazie, 12,41 euro) riesce a dare riscontro fondato all’ipotesi che le BR non agissero in autonomia, ma che dietro all’organizzazione si muovesse un reticolo d’interessi legato al terrorismo internazionale, agli apparati dello Stato italiano, al lavorio incessante dei principali Servizi stranieri. ...continua a leggere "Chi manovrava le Brigate Rosse?"

Dov’erano i servizi segreti? A Roma qualcosa non ha funzionato. Ed è qualcosa che va oltre la gestione dell’ordine pubblico. Sono mancate le informazioni, il lavoro info-investigativo, insomma il materiale d’intelligence, quello che gli analisti chiamano humint.
Perché, guardando le immagini della guerriglia urbana che ha assalito Roma il 15 ottobre, si ha la netta impressione che nessuno era preparato.
Quanti erano? Da dove venivano? Come si sono organizzati? Come hanno comunicano tra loro? Più o meno le stesse domande dell’alba del giorno dopo. Quello del classico “ormai è tardi” all’italiana.
Eppure di segnali, a volerli leggere, ce n’erano eccome. Bastava sbirciare nei soliti forum o digitare su Google la sequenza “Roma 15 ottobre”, per trovare traccia della chiamata, e tra le righe anche di quanto sarebbe accaduto in piazza.
Sono mancate le informazioni, quelle che l’intelligence dovrebbe fornire a chi sta sul campo. Prevedere un fatto, analizzarne l’evoluzione, tracciarne i confini, questo, a Roma, è mancato. L’assenza d’informazioni, o se volete di soffiate, non è una novità. Il vivaio di fonti negli ambienti dell’antagonismo non è più quello di una volta.
I tagli e la riforma dei Servizi, quella che nel 2007 ha spazzato via Sisde e Sismi lasciando il posto ad Aisi e Aise, ha prodotto anche questo. Il Servizio segreto civile, più dei cugini del controspionaggio militare, da quella riforma ne è uscito con le ossa rotte e oggi, a distanza di quattro anni, può contare su pochi uomini, poche tecnologie e canali informativi prosciugati da anni.
La nostra intelligence annaspa, è affannata, incapace di dare risposte e prevedere scenari. Abbiamo buoni analisti in campo, ma mancano i segnali da interpretare. Risultato: nelle informative dei Servizi ci finisce solo il frutto di analisi fatte al computer, un collage di open source intelligence, insufficiente e inadeguato. Non c’è altra spiegazione.
E nel “caso Roma” il fallimento dei servizi segreti sta tutto nelle poche righe licenziate poche settimane fa (il 22 settembre) dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza del prefetto Gianni De Gennaro: «In relazione alle indiscrezioni di stampa concernenti la manifestazione programmata in occasione della giornata internazionale di protesta contro governi e multinazionali, prevista per il prossimo 15 ottobre, il DIS precisa che l’Agenzia per la sicurezza interna (AISI) sta fornendo il consueto contributo informativo alle autorità preposte alla gestione dell’ordine pubblico. Dal contesto delle notizie ad oggi acquisite, pur non rilevandosi elementi di carattere emergenziale, si evidenzia l’esigenza di un attento monitoraggio e ulteriore approfondimento dell’evolversi della situazione».
Non sappiamo se l’attento monitoraggio è stato compiuto dagli agenti di via Lanza, ma una cosa è certa: a chi era in piazza il 15 ottobre è mancato un elemento importante. Lo ha detto anche un black block a due giornalisti di La Repubblica: bastava ascoltarli, leggere i loro messaggi in rete e interpretare il loro linguaggio.
Non farlo, o farlo inaguatamente, ha condizionato le scelte e costretto chi operava in piazza a improvvisare.

di Fabrizio Colarieti per Notte Criminale [link originale]