Dai cieli agli abissi oceanici, il braccio di ferro tra Washington e Mosca, che tanto ricorda la Guerra fredda, sembra non risparmiare neanche le autostrade digitali sommerse. Se è vero quanto scrive il New York Times, citando fonti dell’intelligence statunitense, la Russia avrebbe tentato di “aggrapparsi” ai cavi oceanici per telecomunicazioni che approdano negli Stati Uniti e attraverso i quali transitano il 95% delle comunicazioni Internet globali. Agganciarli, sorvegliarli o, peggio ancora, danneggiarli vorrebbe dire mettere in ginocchio la rete, qualcosa che, al giorno d’oggi, è paragonabile a un atto di guerra.
Secondo il Nyt i sommergibili e le navi Sigint di Mosca, in maniera sempre più aggressiva, si sarebbero più volte avvicinati ai cavi sottomarini in fibra ottica posati nel Mare del Nord, nei fondali dell’Asia nordorientale e perfino in acque statunitensi. A destare sospetti, il mese scorso, è stata la presenza, lungo la costa orientale degli Usa, della nave russa Yantar avvistata dai satelliti spia americani nei pressi della base navale di Guantanamo, cioè proprio sopra a una serie di cavi nevralgici. La Yantar, per quanto se ne sa, dispone di due mini sommergibili di profondità e di strumenti molto sofisticati per la sorveglianza elettronica. ...continua a leggere "Usa-Russia, la guerra ora è negli abissi"
Categoria: Intelligence
Sutor, lo strano caso del sito web del contro-spionaggio militare
Nella homepage c’è un titolo generico: “Servizi per le comunicazioni”. E un motto in latino: Sutor ne supra crepite iudes, e cioè «che il ciabattino non giudichi più in su della scarpa». Sembra un invito a non parlare troppo quando non si hanno argomenti validi e, forse, basterebbe solo questo per capire che oltre quella “porta” c’è qualcosa di riservato. Sutor it è chiaramente un sito internet di copertura, registrato la prima volta nel 2001 e intestato a un dirigente di Wind Infostrada, che, stando a quanto emerge dai file sottratti a una società milanese hackerata il 6 luglio e finita nella bufera per via dei suoi spyware venduti a governi e intelligence di mezzo mondo - sarebbe in uso al contro-spionaggio militare italiano. Sono diversi, infatti, gli indirizzi di posta elettronica sutor it e le e mail finite nel pacchetto di 400 gigabyte di dati sottratti alla società e pubblicati da Wikileakes. In una di esse a scrivere è un “colonnello” e il tema sono le potenzialità intrusive dei software che la società proponeva alle agenzie di spionaggio e ai governi, anche di Paesi dichiaratamente ostili nei confronti della libertà di stampa. ...continua a leggere "Sutor, lo strano caso del sito web del contro-spionaggio militare"
Pantelleria, il mistero dell’aereo spia americano
Quale sia la sua reale missione nel Nord Africa non è chiaro. Di certo chi lo pilota non vuole rimanere in incognito. È il caso dell’aereo spia americano che da alcune settimane staziona nell’isola di Pantelleria e all’aeroporto di Catania Fontanarossa, dove martedì 30 giugno è di nuovo atterrato alle 7.12 ora italiana.
La sua sigla è N351DY, è un bimotore a elica Beech B300 Super King Air e, a quanto se ne sa, è in affitto all’intelligence americana con compiti di sorveglianza elettronica. Il 29 giugno l’aereo è ricomparso a Pantelleria da dove è decollato intorno alle 15 raggiungendo in poco tempo la Tunisia. Ha sorvolato Sousse, dove tre giorni prima si era consumato il sanguinario attentato terroristico all’Hotel Riu Imperial. Poi ancora Bargou e Siliana, prima di scomparire dagli schermi radar, come testimonia il tracciato liberamente consultabile sul sito flightradar24.com. Stessa missione compiuta anche nei giorni scorsi, nei cieli di Hammamet, sulla regione di Kasserine, sulle catene montuose di Chaambi, Djebal Salloum e Foussena. Zone teatro da mesi di violenti scontri tra l’esercito tunisino e i gruppi armati riconducibili ai movimenti jihadisti, che secondo il magazine tunisino inkifada.com, che si è occupato dell’aereo spia, sarebbero il vero obiettivo delle missioni di intelligence compiute dagli Usa. ...continua a leggere "Pantelleria, il mistero dell’aereo spia americano"
Caso Moro, Grassi: «in via Fani c’erano uomini e automezzi dei Servizi»
In via Fani la mattina del 16 marzo 1978, il giorno in cui le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro e annientarono la sua scorta, c’erano uomini e automezzi dei Servizi segreti. E’ quanto ha rivelato al settimanale Oggi il vicepresidente dei deputati del Partito democratico e membro della Commissione parlamentare sul caso Moro, Gero Grassi. «Certamente queste persone non erano lì a prendersi un caffè», ha aggiunto l’esponente democratico. «Spararono anche loro? Lo sospettiamo fortemente, ma non siamo ancora in grado di dimostrarlo. Quello che però possiamo dire con assoluta certezza – ha detto ancora Grassi – è che le Brigate rosse non agirono da sole, ma furono quantomeno “accompagnate”».
L’attacco al presidente della Dc e alla sua scorta durò tre minuti, dalle 9.02 alle 9.05, e poté perfezionarsi grazie a un fondamentale particolare. «Per anni – spiega Grassi – ci hanno raccontato che la Fiat 130 su cui viaggiava Aldo Moro fu bloccata dalla 128 condotta dal brigatista Moretti che tagliò l’incrocio a marcia indietro e la tamponò sul frontale. Ma non è vero. Non ci fu nessun tamponamento. E’ vero, invece che all’incrocio tra via Fani e via Stresa, nel posto dove abitualmente stazionava il furgone del fioraio Spiriticchio, a cui erano stati squarciati gli pneumatici la sera prima, c’era parcheggiata una Austin Morris targata Roma T50354, della società Poggio delle rose, di proprietà dei Servizi segreti italiani, con sede in via Libertà, 10».
Fu proprio quest’auto, secondo il vicepresidente dei deputati del Pd, a bloccare la via di fuga alla 130 di Moro. E c’è dell’altro. Alla sinistra dell’auto di Moro, vi era parcheggiata un’altra Mini minor il cui proprietario era Tullio Moscardi, membro di Gladio, la struttura paramilitare segreta della Nato. «Sul lunotto posteriore di quest’auto – ha concluso Grassi – c’era in bella evidenza un foglio rettangolare bianco. Sembra un particolare insignificante, ma oggi siamo in grado di dire che nel linguaggio delle operazioni coperte, quel simbolo vuol dire una cosa precisa: “Servizi in azione”».
di Fabrizio Colarieti