Gli appassionati di tecnologie telefoniche possono già liberamente comprarlo su Internet. Si chiama Imsi Catcher (in Italia conosciuto come Cacciatore di Imsi) e consente, anche all’insaputa delle compagnie telefoniche, di individuare e “pedinare” telefoni cellulari nel raggio di diverse centinaia di metri. In altri Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, questi apparati sono stati messi al bando dalle associazioni che tutelano la privacy, soprattutto da quando si è scoperto che l’Fbi, il Federal Bureau of Investigation, li ha installati anche a bordo di una piccola flotta di aerei spia. Pure a Londra sono stati scoperti, montati sui tetti della città, e ne sono nate accese polemiche. In Italia invece silenzio assoluto. Anche se gli Imsi catcher, come risulta a ilfattoquotidiano.it, sono impiegati pure dalla polizia di Stato per attività investigative.
CACCIATORE ALL’ATTACCO. Ma cos’è esattamente questo Imsi Catcher, acronimo di International Mobile Subscriber Identity? L’apparecchio viene prodotto in due versioni: portatile, poco più grande di uno smartphone; o fissa, in abbinamento a un computer. E consente di “sniffare” il traffico cellulare monitorando i movimenti degli utenti. Da un punto di vista tecnico, è un “falso” ripetitore che si interpone tra il telefono “bersaglio” e le torri delle compagnie telefoniche. Attraverso il suo impiego è possibile identificare un numero indefinito di cellulari ottenendo informazioni molto sensibili, come il numero di telefono, l’Imsi (identifica la sim dell’utente) e l’Imei, acronimo di International Mobile Equipment Identity (rivela marca e modello dell’apparecchio), consentendo pure di appurare se è in corso una conversazione, con chi e, ovviamente, la posizione geografica del “bersaglio”. Alcune versioni di Imsi Catcher consentono persino ad ascoltare le telefonate, leggere gli sms o altri tipi di comunicazioni. Il “cacciatore” serve anche a “contare” quanti apparati si trovano in un’area e può acquisire “a strascico” i dati di tutti i terminali accesi oppure individuarne uno partendo dal numero.
VIMINALE IN GARA. Nel luglio del 2013 la direzione centrale della polizia criminale del dipartimento di pubblica sicurezza ha avviato la procedura di gara per l’acquisto di un “sistema Imsi Catcher per il monitoraggio e la localizzazione di terminali radiomobili in tecnologia 2G/3G/LTE-4G” da destinare al servizio polizia scientifica della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato. L’oggetto della fornitura è un “sistema integrato”, “chiavi in mano”, “trasportabile, impiegabile ed alimentabile con autoveicoli commerciali”, per monitorare e localizzare i terminali radiomobili. Nel capitolato d’appalto il dipartimento del Viminale elenca le caratteristiche del sistema (unità centrale Imsi Catcher, ricevitore gps, pc portatile per le attività di monitoraggio e localizzazione, software con cartografia nazionale, eccetera). La gara, nel febbraio del 2014, è stata vinta dalla Italarms Srl di Milano che ha venduto al ministero dell’Interno il sistema Imsi Catcher a un costo di 375 mila 760 euro. Una ulteriore gara è in corso, scadrà il 22 giugno, e prevede l’acquisto, per circa 900 mila euro, di altri due sistemi con le stesse caratteristiche. Per farci cosa? Interpellata da ilfattoquotidiano.it, la polizia di Stato assicura che il sistema “viene utilizzato nell’ambito di attività di polizia giudiziaria secondo quanto previsto dalla normativa vigente e che lo strumento non è mai stato utilizzato nell’ambito di servizi di ordine pubblico, quali ad esempio manifestazioni di piazza, sportive o altri similari”. Puntualizzazione di non poca importanza: se il “ricercato”, l’utente monitorato, si trova per esempio in uno stadio, quanti cellulari finiscono automaticamente sotto sorveglianza, dunque “spiati”?
PRONTO, CHI SPIA? Interrogativo allarmante e che abbiamo posto all’Autorità garante per la protezione dei dati personali, presieduta da Antonello Soro. La risposta è stata chiara e netta: «Questa tecnologia non è stata mai oggetto di pareri o verifiche». Eppure di aspetti da chiarire ce ne sarebbero. A cominciare dal numero di privati cittadini che lo hanno già acquistato sul web in altro modo, e dal fatto che gli Imsi Catcher consentono di conservare i dati “sniffati” su hard disk e memory card. Pratiche che nel nostro Paese sono vietate e comunque sottoposte ad autorizzazioni del giudice. Tutto questo mentre fonti del ministero dell’Interno spiegano che l’Imsi catcher «ha consentito di rintracciare terroristi internazionali e persone scomparse, pedofili e pericolosi latitanti». Tutto a posto, dunque? Confessa di sperarlo Paolo Reale, consulente di numerose procure e presidente dell’Osservatorio nazionale di informatica forense: «Trattandosi di uno strumento di sorveglianza elettronica di massa che acquisisce informazioni sensibili in maniera indiscriminata», afferma Reale, «credo, e spero, che le nostre forze dell’ordine lo impieghino ogni volta su autorizzazione dell’autorità giudiziaria». E magari distruggendo sempre i dati non necessari al termine delle operazioni.
di Fabrizio Colarieti per ilfattoquotidiano.it [link originale]