«Il 2011 penitenziario - afferma il segretario generale della Uil Penitenziari, Eugenio Sarno - si apre esattamente come si è chiuso il 2010. In questi primi giorni, infatti, dobbiamo già registrare tre morti per cause naturali a Lecce, Frosinone e Livorno (ma probabilmente correlate allo stato detentivo), un suicidio nello psichiatrico di Aversa il 4 gennaio e diversi momenti di violenza con la rissa di Porto Azzurro a fare da capofila. D’altro canto la presenza di 22.643 detenuti in più rispetto alla capienza massima, rilevata al 31 dicembre, è la fotografia più nitida dell’universo carcere e dell’anno che si è lasciato alle spalle, connotato da proteste, morte e violenza. Intendiamo - prosegue Sarno - solo dare i numeri, che nella loro spietata freddezza possono valere più di qualsiasi commento, nell’auspicio che possano trovare giusta attenzione e analisi. E’ necessario adoperarsi perché si affermi una coscienza sociale rispetto al dramma penitenziario che, in tutta evidenza, non trova sufficiente attenzione da parte della politica, sempre più insensibile e distante verso una delle più drammatiche questioni sociali del Paese. In ogni caso, consapevoli che lo straordinario impegno e l’elevata professionalità di tutti gli operatori hanno impedito il definitivo collasso del sistema, non perdiamo la speranza che, prima o poi, i politici, Alfano in testa, possano decidere di impegnarsi seriamente alla ricerca delle soluzioni. Semmai - chiosa il segretario generale della Uil Penitenziari - in prossimità di qualche campagna elettorale».
La Uil Penitenziari ha reso noti anche i dati relativi ai suicidi, ai tentati suicidi e altri eventi critici che si sono verificati negli istituti di pena. Nel 2010 le morti in carcere per cause naturali sono state 173, 66 i suicidi in cella (57 per impiccagione, 5 per asfissia con gas, 1 per recisone carotide, 2 per avvelenamento da farmaci, 1 per soffocamento da sacchetti di plastica). I detenuti suicidatisi in età compresa tra i 25 e i 35 anni sono stati 29; 20 quelli nella fascia di età tra i 35 e i 50 anni; 8 i suicidi in età compresa tra i 18 e i 22 anni; 9 gli ultracinquantenni. Nel 86 per certo degli istituti (176 su 205) si è verificato almeno un tentato suicidio, per complessivi 1.134 tentativi di suicidio in cella. I detenuti salvati in extremis sono stati 398, gli atti di autolesionismo ammontano a 5.603 (messi in atto in 192 diversi istituti). I detenuti che hanno fatto ricorso a scioperi della fame, in 181 penitenziari, sono risultati 6.875. Le manifestazioni di protesta collettiva sono state 601. Gli atti di protesta, singoli o collettivi, che hanno turbato l’ordine e la sicurezza, 263. Gli atti di aggressione sono stati 3.462 (di cui 342 in danno di poliziotti penitenziari). I detenuti evasi: da istituti penitenziari 13, da permessi premio 37, da lavoro all’esterno 2, dalla semilibertà 12. La polizia penitenziaria ha, inoltre, sventato 23 tentativi di evasione.
Le carceri italiane - rivelano invece i dati dell'Osservatorio permanente sulle morti in carcere - sono affollate prevalentemente da giovani e, sempre più spesso, sono proprio quest’ultimi a morirvi: nei primi 10 giorni dell'anno 4 detenuti di età compresa tra i 28 e i 35 anni sono deceduti per cause naturali e 1 internato di 32 anni si è impiccato nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Sono morti, spiegano dall’Osservatorio, «per cause naturali, in assenza di indagini più approfondite (in 3 casi su 4 non è stata disposta l'autopsia), più semplicemente perché il cuore di queste persone si è fermato». Lo scorso anno “per cause naturali” sono morti 107 detenuti, la loro età media era di 39 anni: 73 casi sono stati archiviati senza alcuna ulteriore indagine e classificati come “decessi causati da malattia”. Nei restanti 34 casi è stata avviata un'inchiesta giudiziaria, con ipotesi di reato che vanno dall’omissione di atti d'ufficio all'omicidio colposo, a carico di operatori sanitari e penitenziari, ma finora soltanto 7 procedimenti si sono conclusi e tutti con un “non luogo a procedere”. Secondo l'Osservatorio, «qualunque sia l'esito delle indagini ancora in corso, è inconfutabile il fatto che per un detenuto la probabilità di morire per cause naturali sia molto più elevata che non per un coetaneo libero e questo accade per vari motivi: la popolazione detenuta è mediamente meno in salute di quella libera; la condizione di vita nelle celle è caratterizzata da sovraffollamento, precarie condizioni igieniche, sedentarietà. Va anche detto - sostiene ancora l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere - che negli ultimi anni c'è stata una notevole riduzione delle risorse economiche destinate al sistema penitenziario e i tagli hanno riguardato, in particolare, la manutenzione e la pulizia dei fabbricati, ma anche il mantenimento e l'assistenza sanitaria dei detenuti».
Fabrizio Colarieti per il Punto, 27 gennaio 2011 [pdf]