È una Roma un po’ deturpata, strillona e aggressiva, quella che ha attraversato questi 34 fatti di sangue tra morti ammazzati e ferimenti. Non c’è un effettivo collegamento tra il caotico ma violento andazzo criminale senza più batterie connesse e operanti all’ombra delle borgate e l’evidente mancanza di un piano sociale e culturale che permea questa città. Tuttavia se cammini per le strade del centro e ti avventuri per le vie affollate di un quartiere limitrofo alla Tuscolana, non lontano dalla vecchia stazione cimelio, le differenze si assottigliano. Casermoni moderni e attrezzati che costeggiano strade senza illuminazione e fermate di autobus. Una periferia lontana e vestita a nuovo, dove gli unici punti di ritrovo sono le pizzerie a taglio sotto i palazzi e sparute panchine per attendere il turno alla teglia.
La Roma del 1978, quella di Franco Giuseppucci, Maurizio Abbatino e Antonio Mancini ha cambiato volto e di quella Banda, quella della Magliana anni Settanta, resta solo il brand. Il 2011 si è chiuso a colpi di pistola, come a Palermo, negli anni della guerra di mafia, o nella Chicago degli anni Venti. Il luogo non conta, conta solo il messaggio, la lezione. Niente lame, niente pestaggi, solo piombo. L’aria è cambiata, ed è più pesante di un tempo, perché tanta violenza, così spietata, per le strade della Capitale non si era mai vista.
E per capire come si muore a Roma, basta raccontare le storie di Marco Attini, Simone Colaneri e Flavio Simmi. Tre delitti efferati che hanno segnato il 2011. Attini è un disoccupato di 38 anni, il 16 dicembre due sicari a bordo di uno scooter lo hanno freddato mentre era dentro la sua auto insieme alla fidanzata, in via Ferruccio Ulivi, quartiere di Tor Vergata. Attini ha fatto la stessa fine di Simone Colaneri, detto er teppista, 30 anni, ucciso il 27 luglio da una raffica di colpi sparati da una Magnum 44 in pieno giorno, in via Bembo a Torrevecchia. Stessa lezione per Flavio Simmi, 33 anni, il 5 luglio davanti agli occhi della sua compagna, a Prati, sette colpi di pistola sparati da due killer in moto mentre usciva da un parcheggio hanno bucato la sua vita. Simmi a febbraio era stato gambizzato davanti alla gioielleria di famiglia nelle vicinanze di Campo de’ Fiori. Per il momento all’orizzonte si scorge solo che in atto c’è una guerra tra delinquenti, piccoli e grandi, che sgomitano e gambizzano i loro nemici per controllare il territorio e scalare le gerarchie criminali. E mentre un pool di inquirenti, stile Falcone-Borsellino, guidato dal procuratore Giancarlo Capaldo cerca di inserirsi in un piano della sicurezza con poca convinzione, l’unico errore da non ripetere è quello di sottovalutare una situazione già sfuggita di mano che rischia di trasformare le strade e i quartieri della Capitale in un Far West.
di Fabrizio Colarieti per Avanti! [link originale]