L'allerta è massima, nessuno si può considerare al riparo dal pericolo. Lo hanno confermato gli americani del Fbi, inviando una documento in cui sono indicati come possibili obiettivi dei terroristi San Pietro a Roma, il Duomo e la Scala a Milano.
Alle autorità italiane sono stati segnalati anche cinque nominativi sospetti su cui svolgere approfondimenti investigativi. Si tratterebbe di nomi arabi. Anche la procura di Milano ha contribuito a tenere alta l'attenzione, dicendo che Maria Giulia 'Fatima' Sergio, la foreign fighter italiana che si trova in Siria ed è al centro di un'inchiesta, si sarebbe resa «disponibile all'esecuzione di qualsiasi azione richiesta dall'organizzazione dell'Isis, compreso il martirio». E il Califfato tramite il suo magazine ha minacciato Roma: «Chiediamo ad Allah di sostenere i mujaheddin contro gli agenti dei leader dell'idolatria e i crociati finché la bandiera nera non sarà issata su Istanbul e nella Città del Vaticano».
Per difenderci «serve sì l’analisi, e in questo siamo molto bravi e ce lo riconoscono anche gli alleati, ma occorre anche un ritorno al fattore umano, ai contatti tradizionali, dunque alla Humint». Da dove arrivano di solito le informazioni di intelligence? «Da più canali, dalle fonti aperte, dall’attività di Sigint, cioè la sorveglianza elettronica, dal raccordo con le altre agenzie internazionali. Ma il fattore umano consente di penetrare il territorio e di sorvegliare ogni possibile movimento sospetto».
Per i nostri 007 c’è in vista una sfida senza precedenti: il Giubileo a Roma. «C’è molta determinazione, abbiamo in campo uomini molto preparati che, per intenderci, hanno bisogno di tutto, tranne che delle armi», va avanti l’esperto della sicurezza. «Noi facciamo un altro lavoro che solo l’intelligence può fare a difesa del Paese. Un lavoro molto delicato che è alla base di tutto il sistema della sicurezza».
«È necessario lavorare in ogni quartiere, in ogni condominio. Servono fonti e infiltrati, quindi anche maggiori risorse che il governo ha stanziato per reperire informazioni, per prevenire in tempo gli attacchi», spiega la fonte interpellata da Lettera43.it. «Il modello, anche se in questo caso parliamo di una minaccia diversa sotto tanti punti di vista, è quello messo in campo per fronteggiare le Brigate rosse».
L’agenzia di intelligence in prima linea è l’Aisi, quella nata, dopo la riforma del 2007, dalle ceneri del Sisde. Al vertice c’è il generale dei carabinieri Arturo Esposito. E spetta ai suoi uomini occuparsi della sicurezza interna, cioè di tutto il ventaglio di minacce che potrebbero arrivare dal terrorismo autoctono e da quello internazionale passando per la grande criminalità organizzata. Dall’esterno opera invece l’Aise, l’agenzia che ha preso il posto e parte delle competenze dal vecchio Sismi. A capo del contro-spionaggio militare c’è un agente segreto di lungo corso, Alberto Manenti, grande esperto del mondo arabo.
di Fabrizio Colarieti per lettera43.it [link originale]