La sequenza sismica dell’Italia centrale non può definirsi esaurita. Ancora oggi, a due anni dalla prima scossa tellurica - quella di magnitudo 6.0 che alle 3 e 36 del 24 agosto 2016 colpì Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto - i sensori della rete sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) continuano a registrare 30 scosse al giorno, la maggior parte inferiori a 2.0. Dunque, dicono i sismologi, tecnicamente «la sequenza non può considerarsi conclusa, anche se certamente il numero e la magnitudo degli eventi è diminuito notevolmente negli ultimi mesi».
Il bilancio dell’Ingv arriva nei giorni dell’anniversario del sisma che, nel versante reatino, oltre a cambiare la geografia di un ampio territorio da sempre ad alto rischio, ha lasciato dietro di sé 239 vittime tra Accumoli e, soprattutto, Amatrice. L’area interessata dalla sequenza sismica si estende, includendo anche gli eventi di magnitudo 5.9 del 26 ottobre 2016 a Visso e 6.5 del successivo 30 ottobre a Norcia, per circa 80 chilometri lungo l’Appennino centrale. Una lunga ferita che va da Camerino a L’Aquila.
Complessivamente, là sotto, l’Ingv, in ventiquattro mesi, ha registrato ben 93mila eventi sismici. «Un grande numero, mai riscontrato in Italia, - ha detto il presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni - che ha mobilizzato un’area di oltre mille chilometri quadrati». Di questi 93mila, ben 67 eventi hanno avuto una magnitudo tra 4.0 e 4.9 e 9 uguale o superiore a 5.0. La mappa dell’ampia zona colpita, a più riprese, è tutt’altro che omogenea. Mostra ampie zone con pochi eventi e altre, adiacenti, con una densità molto elevata. Questa distribuzione, così irregolare, spiegano ancora dall’Ingv, «è dovuta sia alla distribuzione del rilascio di momento sismico negli eventi principali, sia alle caratteristiche geologiche della struttura profonda».
Non si tratta di un’unica faglia, di questo gli esperti sono ormai convinti, ma di un sistema di faglie che in questi due anni è stato studiato in modo molto approfondito. «Tutti i modelli - aggiungono dall’Ingv - mostrano una elevata complessità della struttura, con numerose faglie che si sono attivate in momenti successivi. Sulla caratterizzazione delle faglie principali c’è un sostanziale buon accordo tra i modelli. Tale ricchezza di informazioni sta permettendo nuovi studi che mettono in luce complessità mai registrate prima in Italia».
Ogni sisma ha una sua storia e, sebbene siano avvenuti tutti nell’Appennino, i terremoti di Amatrice, L’Aquila e Colfiorito del 1997 sono molto diversi fra loro. «Non c’è regolarità e la speranza - ha detto il sismologo Alessandro Amato - è che tante analisi, sempre più capillari, ci aiutino a capire questa diversità». Oltre al terremoto di Accumoli-Amatrice, gli studi più recenti hanno permesso di riconoscere le evidenze geologiche di 6 paleoterremoti, avvenuti in quella zona negli ultimi 18000 anni. Dati che consentiranno di migliorare le conoscenze sulla pericolosità dell’area e di fare previsioni statistiche più accurate.
Fabrizio Colarieti per Il Messaggero [link originale]