L'agenzia Ansa batte la notizia alle 13.59 del 9 maggio 1978. È un lancio molto scarno, solo cinque righe: «Un cadavere in una macchina è stato trovato in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure. Sul posto si sono recati il questore di Roma e il capo della Digos Spinella. Al momento non si hanno altri particolari».
Ma il lancio, quello che cambierà il corso della storia d'Italia, arriva 5 minuti dopo, alle 14.04: «L'on. Moro sarebbe la persona trovata morta all'angolo di via delle Botteghe Oscure con via Caetani. Lo ha riferito un funzionario della Digos».
Sono passati 55 giorni dall'eccidio di Fani e dal sequestro del presidente della Democrazia cristiana. Il corpo di Aldo Moro, crivellato di colpi, con il viso coperto da una giacca blu e il resto da un plaid, viene trovato nel vano posteriore di una Renault 4 rossa targata Roma N57686. L'auto è parcheggiata in via Michelangelo Caetani, a due passi dalla sede del Pci di via delle Botteghe Oscure e a poca distanza da quella Dc di piazza del Gesù.
Ad avvisare la polizia, che il corpo di Moro è proprio lì, è una telefonata al professor Franco Tritto, un docente universitario che conosce bene Moro. La chiamata viene registrata alle 12.30 perché l'utenza di Tritto, come quelle di molti conoscenti del presidente della Dc, è sotto controllo.
Dall'altro capo dell'apparecchio c'è un uomo che si presenta come il dottor Niccolai, ma in realtà è il brigatista Valerio Morucci che chiama da una cabina telefonica della stazione Termini: «Lei deve comunicare alla famiglia che troveranno il corpo dell’onorevole Aldo Moro in via Caetani, che è la seconda traversa a destra di via delle Botteghe Oscure».
Alle 14:23 una nota del Viminale conferma che il cadavere ritrovato nei pressi di via delle Botteghe Oscure è quello di Moro: «Alle 13.30 le forze di polizia hanno ritrovato il corpo esanime dell'on. Moro in un'autovettura parcheggiata in via Caetani». Pochi minuti dopo il ministro dell'Interno, Francesco Cossiga, raggiunge via Caetani insieme al sottosegretario Lettieri e all'onorevole Darida.
Alle 15.48 padre Damiano, sacerdote della chiesa del Gesù, anch'egli conoscente di Moro, impartisce l'assoluzione e la salma del presidente della Dc viene caricata su un'ambulanza dei Vigili del fuoco.
Dalle 16.23 l'Ansa diffonde ulteriori particolari: «L'on. Moro è stato ucciso con diversi colpi d'arma da fuoco. Sul petto ci sono i segni di non meno di quattro ferite. Fra la camicia bianca e la giacca blu sono stati trovati fazzoletti intrisi di sangue all'altezza delle ferite. Nei risvolti dei pantaloni c'è una notevole quantità di sabbia».
«La Renault è stata lasciata in via Michelangelo Caetani», continuava il lancio, «presumibilmente fra le 7.40 e le 8.10 di stamani. I funzionari della Digos hanno accertato che la Renault sulla quale è stato trovato il corpo di Moro è stata rubata il 2 marzo. È stato precisato che la sabbia trovata nei risvolti dei pantaloni è molto chiara e che infilati nei calzini sono stati trovati alcuni 'forasacchi', piccole spighe di erba di campo che si impigliano facilmente nei vestiti».
A scattare la prima foto che mostra il corpo di Aldo Moro nel bagagliaio della Renault 4, l'immagine che farà il giro del mondo e che ancora oggi racconta la drammaticità di quegli eventi, fu Rolando Fava, fotografo e giornalista dell'Ansa, scomparso nel 2010.
Quella foto, aveva raccontato Fava in occasione del trentennale, era lo scatto più importante della sua vita. Il fotografo ricordava che, alle 13 di quel martedì 9 maggio, c'era un traffico eccezionale in piazza Venezia, che lo aveva spinto a informarsi su che cosa stesse succedendo. Aveva saputo che era stata segnalata, in via Caetani, la presenza di un'auto che conteneva una bomba. «La strada era stata subito chiusa da entrambi i lati», raccontava Fava all'Ansa, «in realtà, c'era già stata la rivendicazione delle Br e a Via Caetani sono arrivati Cossiga, Colombo, Gonella».
«Mi ha subito colpito il silenzio irreale. Ma io», proseguiva il fotografo nel suo racconto, «non avevo alcuna idea che potesse trattarsi di Moro, quando sono entrato in Palazzo Caetani (e ho potuto farlo solo passando da una entrata secondaria che conoscevo, sul retro) e ho chiesto al portiere il favore di affacciarmi da una finestrella un metro per un metro del suo appartamento, al piano rialzato. Da lì ho scattato le immagini degli artificieri che aprivano prima il cofano anteriore, poi il portabagagli. Solo allora qualcuno ha levato la coperta e ho visto Aldo Moro in quella posizione un po' innaturale, credevo ancora che fosse drogato, che dormisse, ma è stato per poco, subito la strada si è riempita del dolore di tutti».
di Fabrizio Colarieti per lettera43.it [link originale]