Dal 24 agosto 2016, con la prima scossa di terremoto che alle 3 e 36 ebbe come epicentro Accumoli, la rete dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha registrato oltre 110mila eventi si- smici. Una sismicità, rivelano i dati diffusi dall’Ingv a tre anni dal sisma, che ancora oggi è definita persistente a causa di un rilascio di energia maggiore rispetto a quanto accadeva prima del luglio-agosto 2016. Un’attività che ha visto l’attivazione di un sistema di faglie, ora oggetto di studi molto approfonditi, che nella sua totale estensione è di circa 80 chilometri. «La sequenza sismica che ha interessato l’Appennino centrale - spiega Lucia Margheriti, primo ricercatore dell’Osservatorio nazionale terremoti dell’Ingv - con numerose scosse di magnitudo maggiore di 5 tra il 24 agosto del 2016 e il 18 gennaio del 2017 non è ancora conclusa. L’area compresa tra Camerino e L’Aquila è ancora oggi interessata da una sismicità persistente che presenta un rilascio di energia maggiore rispetto a quanto accadeva prima del 24 agosto 2016». Nel dettaglio, la rete sismica nazionale ha registrato più di 800 eventi dopo il 24 agosto 2016 (di cui due forti di magnitudo Mw 6.0 e Mw 5.4 nella zona di Amatrice); quasi 1.000 eventi giornalieri dopo il 30 ottobre 2016, circa 500 eventi il 18 gennaio 2017 (di cui quattro con magnitudo maggiore o uguale a 5.0 verificatisi nell’area meridionale della sequenza nei pressi di Barete). In totale, fino a agosto di quest’anno, gli eventi con magnitudo maggiore o uguale a 2.0 sono stati 14.367; tra questi, 74 hanno magnitudo maggiore o uguale a 4.0. Gli eventi localizzati tra il 24 agosto ed il 25 ottobre 2016, che possono essere definiti aftershocks del terremoto di Accumoli-Amatrice, sono 20.823 di cui 2.706 con magnitudo maggiore o uguale a 2.0. Di questi, 17 hanno magnitudo maggiore o uguale a 4.0. Per quanto riguarda gli effetti altamente distruttivi del sisma, Andrea Tertulliani e Raffaele Azzaro, coordinatori del Gruppo operativo di emergenza Quick earthquake survey team, spiegano che la scossa del 24 agosto 2016 ha colpito un’area «con una edilizia prevalentemente povera e quindi di scarsa qualità in termini di risposta antisismica. La quasi totalità dei centri storici - aggiungono i due esperti - ha mostrato un livello di danneggia- mento gravissimo, culminato con la distruzione pressoché to- tale di Amatrice e di altre località come Pescara del Tronto, Saletta, Illica o Casale: a esse è stata assegnata un’intensità pari al grado 10 della scala macrosismica EMS-98. Il susseguirsi delle scosse ha aggravato, di pari passo, i danni e, dopo il terremoto del 30 ottobre a Norcia, nelle località più colpite l’intensità è così salita al grado 11, valore rappresentativo dell’effetto cumula- to di diverse forti repliche». Per gli esperti, dunque, l’elevata vulnerabilità degli edifici è in parte dovuta alla perdita della «memoria sismica», a cui è legata la pratica del «buon costruire». «Il lungo tempo trascorso dagli ultimi terremoti disastrosi dell’area, nel 1639 e 1703, - aggiungono Tertulliani e Azzaro - ha fatto sì che le accortezze costruttive adottate in passato andassero perdute, nonostante l’area fosse stata classificata sismica già nel 1915. Prova ne è che gli edifici nella zona di Norcia e nell’appennino umbro-marchigiano, già colpiti nel 1979 e nel 1997, pur rimanendo fortemente danneggiati, hanno mostrato una risposta antisismica superiore, grazie a efficaci interventi di ristrutturazione e adeguamento».
di Fabrizio Colarieti per Il Messaggero