Il primo colosso delle telecomunicazioni che ha lanciato il sasso nello stagno è stato Vodafone. La compagnia telefonica britannica, che opera in 29 paesi, in un dettagliato rapporto presentato il 6 giugno scorso, ha denunciato pubblicamente che le agenzie di intelligence spiano i suoi utenti, in particolare quelli europei. Un'uscita che ha sorpreso la comunità internazionale suscitando nuovi interrogativi sul tema della privacy e sull'invasività dei programmi governativi di sorveglianza elettronica.
In soldoni i metadati di Vodafone, ma anche di altre compagnie, cioè le informazioni principali che riguardano una conversazione telefonica o una connessione telematica (i numeri di telefono o gli IP di ciascun utente, l'ora, la durata, la posizione degli interlocutori), come si dice in gergo, sarebbero stati rastrellati o pettinati dalle sonde della National Security Agency americana e dal Government Communications Headquarters britannico.
Nulla di nuovo, perché già all'epoca delle rivelazioni dell'ex tecnico della Nsa, Edward Snowden, il mondo aveva appresso dell'esistenza di una serie di programmi di sorveglianza globale molto invasivi - come Prism, Tempora e Upstream - messi in campo dagli Usa e dal Regno Unito. Tecnologie che permettono di spiare attraverso la rete internet, ma anche prelevando i dati direttamente dai cavi sottomarini o dai transiti satellitari.
Anche l'Italia è finita nella rete di sorveglianza della Nsa, innanzitutto per la sua posizione strategica. Come ha rivelato l'Espresso, gli inglesi, in particolare, si sono concentrati molto sui cavi sottomarini in fibra ottica che convogliano oltre il 99 per cento delle comunicazioni intercontinentali (dalle telefonate agli accessi Internet) attraverso il Mediterraneo. Ed è noto che ogni conversazione tra Oriente e Occidente transita per una complessa ragnatela di 18 cable landing points che si trovano in Sicilia.
Il terminale più importante, già finito nello scandalo Datagate, si trova in un'anonima palazzina del lungomare di Mazara del Vallo. E' lì che approdano ben 9 cavi sottomarini: Columbus-III, Didon, GO-1 Mediterranean Cable System, Hannibal System, Italy-Libya, Janna, Lev Submarine System, Middle East North Africa (Mena) Cable System/Gulf Bridge International e il SeaMeWe-3.
Secondo le rivelazioni di Snowden, citate dall'Espresso in esclusiva, l'intelligence di Londra ha captato oltre 600 milioni di telefonate al giorno in transito in tre nodi italiani: il SeaMeWe3, il SeaMeWe4 e il Flag Europe-Asia (FEA).
Il SeaMeWe3, che per l'appunto ha un importante terminale a Mazara del Vallo, è uno dei cavi sottomarini più lunghi che approdano in Italia (oltre 39mila chilometri). Posato nel '99 collega la Germania all'Australia passando per Egitto, Indonesia, Filippine, Grecia, India, Vietnam, Cina, Djibouti, Taiwan, Emirati Arabi, Regno Unito e Arabia Saudita.
Il SeaMeWe4, che approda a Palermo, è stato posato nel 2005, è lungo oltre 20mila chilometri e collega Marsiglia a Singapore toccando Egitto, Algeria, Tunisia, India, Sri Lanka, Bangladesh, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Pakistan, Malaysia e Thailandia.
Il Flag Europe-Asia (FEA), che ha il suo approdo sempre a Palermo, è un cavo di 28mila chilometri che dal '97 collega il Regno Unito al Giappone passando per Egitto, Giordania, Spagna, Emirati Arabi, Corea, Cina, India, Malesia e Thailandia.
Anche l’interesse dell’intelligence americana al traffico telefonico e telematico italiano, in particolare verso il Medio Oriente, è ben noto già dalla fine degli anni Novanta, come confermò tempo fa a Report, durante una puntata dedicata allo scandalo Telecom Italia, un vecchio direttore della compagnia telefonica: «I servizi segreti volevano avere accesso al nodo di Palermo. C’erano dei collegamenti con l’America tant’è che io andai dal Presidente del Consiglio (Romano Prodi, ndr)». La Nsa, perciò, voleva accedere al SeaMeWe4 di Palermo e non è chiaro se alla fine il governo gli lo ha permesso e in che termini.
Oltre ai 9 cavi di Mazara del Vallo e ai 2 di Palermo, approda a Trapani il Trapani-Kelibia, che collega dal '95 l'Italia alla Tunisia, 5 a Catania: l'IMEWE, un cavo di oltre 12mila chilometri che collega Marsiglia e Mumbay, passando per Libia, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Pakistan; l'Italy-Malta, che collega dal '95 Catania a Msida, il MedNautilus Submarine System, che dal 2001 connette l'Italia a Grecia e Israele.
Sempre a Catania approda anche un collegamento di 20mila chilometri, il SeaMeWe-5, che sarà ultimato entro il 2016 e che connetterà Tolone a Singapore, transitando per Egitto, Yemen, Oman, Indonesia, Djibouti, Emirati Arabi, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka. Il quinto cavo, posato nel 2004, è il Vodafone Malta-Sicily Cable System (VMSCS), collega Catania a Malta. Un altro, il Melita 1, approda a Pozzallo e collega dal 2005 l'Italia all'isola di Malta.
Gran parte dei cavi sottomarini che transitano in Sicilia sono gestiti da un consorzio internazionale di cui fa parte anche la società Telecom Italia Sparkle del gruppo Telecom Italia che fornisce servizi di routing attraverso Seabone, il backbone in fibra ottica di 375mila chilometri che collega Europa, America e Asia. Ma né Telecom Italia né il governo italiano hanno mai resi noti gli accordi esistenti tra il nostro paese e le intelligence internazionali né, tanto meno, rivelato fin dove si sono spinte le attività di sorveglianza americane e britanniche e in che misura il traffico telefonico e telematico italiano sia stato sorvegliato.
Secondo quanto rivelò il quotidiano francese Le Monde durante il Datagate, è certo che l'Italia fu sorvegliata nell'ambito del programma Upstream con il quale la National Security Agency spiava le comunicazioni rastrellandole dai cavi sottomarini. Citando ancora una volta le rivelazioni di Edward Snowden, il quotidiano francese fece riferimento al caso del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam di Trieste, sorvegliato attraverso Upstream.
di Fabrizio Colarieti