Pinelli, secondo la ricostruzione di quanto accadde subito dopo l’attentato di Piazza Fontana, fu ingiustamente arrestato e trattenuto in questura perché sospettato in quanto anarchico. Morì la notte tra il 15 e il 16 dicembre precipitando, in circostanze tuttora poco chiare, dalla finestra dell’ufficio del commissario Calabresi, che, però, in quel momento, non era presente nella sua stanza. Calabresi, investito dal caso della morte di Pinelli e da una pesante campagna di stampa, fu assassinato il 17 maggio 1972 da aderenti a Lotta Continua. Per l’omicidio furono poi condannati Leonardo Marino (reo confesso), Giorgio Pietrostefani, Ovidio Bompressi e Adriano Sofri.
“Quest’anno – ha detto la figlia di Pinelli, Claudia, anche lei presente alla celebrazione – dopo 10 anni lì abbiamo incontrati di nuovo alla presenza del Presidente della Repubblica. Ci siamo parlati in modo normale, ci siamo raccontati, abbiamo continuato il nostro percorso. Non so se questo porterà a una convergenza, c’è rispetto per le persone che tanto hanno sofferto. Non c’è nessun percorso di riconciliazione perché le famiglie non c’entrano in quello che è successo, ci deve essere un percorso di verità e non so se questo ci porterà a condividere. Noi rispettiamo le persone e Gemma Capra e Mario Calabresi non hanno responsabilità in quello che è avvenuto allora”.
Una foto che è “il ritratto di una grande famiglia: l’Italia”, ha scritto, sempre su Instagram, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Due donne, due madri, la signora Gemma e la signora Licia – ha aggiunto il premier -, vedove rispettivamente del commissario Luigi Calabresi e di Giuseppe Pinelli; e il Presidente della Repubblica Mattarella, la più alta carica di uno Stato che, nelle celebrazioni del 50esimo anniversario della strage di Piazza Fontana, testimonia la volontà di fare i conti con i capitoli più atroci della sua storia democratica”.
di Fabrizio Colarieti per La Notizia [link originale]