Dalle colonne di Repubblica, nell'edizione di oggi, tra molti dubbi, la proposta di Palazzo Chigi è timidamente ben accolta dall'ex giudice istruttore Rosario Priore, uno dei magistrati che più si è occupato dei misteri italiani, dalla strage di Ustica all'attentato a Giovanni Paolo II.
«Sono d'accordo con Renzi - spiega il giudice - nel rimettere in attività le inchieste sulle stragi. Ci sono di sicuro delle notizie negli archivi dei nostri Servizi. Ma devono essere sfuggite alla cernita quelli, molto interessanti, conservati dalle intelligence estere. In particolare nei Paesi dell'Est». «Di fronte a questo mondo di carte e documenti all'estero - prosegue Priore -, non vorrei sembrare offensivo, ma mi pare ridicolo il tentativo di chi cerca di dare tutte le responsabilità delle stragi in Italia a qualche ragazzino disperato di destra o di sinistra».
Secondo Priore dietro le stragi italiane «ci sono responsabilità molto gravi di organizzazioni internazionali, di Stati, e anche di molti servizi segreti non italiani». Pur con queste riserve, Priore salva l'iniziativa di Renzi perché «potrebbe essere il colpo d'ala ad ulteriori ricerche per raggiungere la verità storica».
Sulle stragi di mafia del '93-'94 «non c'è segreto di Stato, ma ci sono documenti nascosti in qualche cassetto o in qualche armadio. E soprattutto ci sono persone che non vogliono parlare», ha dichiarato, invece, Giovanna Maggiani Chelli, la presidente dell'Associazione fra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. La Maggiani Chelli auspica che venga tolto «il segreto di Stato sulla discarica di Pitelli».
«Negli anni novanta - ricorda - alcuni documenti relativi a quella vicenda vennero trasmessi ai magistrati fiorentini che si occupavano delle stragi. Erano atti secretati. Non abbiamo mai saputo cosa ci fosse scritto. Magari dentro non c'è nulla di rilevante, ma sarebbe interessante sapere cosa contengono».
«Non c'è nessun segreto di stato sulle stragi. Non su quelle cosiddette classiche. Ma ci sono ancora una serie di atti che possono riguardare polizia o carabinieri che, se resi pubblici, possono contribuire a fare luce su fatti del passato», commenta Felice Casson, oggi parlamentare del Pd e segretario del Copasir, in passato magistrato impegnato, come Priore, in delicate inchieste su stragi e terrorismo.
Renzi ha citato le stragi "classiche", come piazza Fontana e quella di Bologna, «ma su quelle stragi non esiste nessun segreto opposto alla magistratura che indaga, per tutelare persone o circostanze che non si vorrebbero rendere pubbliche», perché la legge non lo consente. «Ci sono atti che devono essere desecretati - ha aggiunto Casson - , secondo legge ordinaria, dall'autorità preposta e visto che si tratta di atti dei servizi è il presidente del Consiglio che può dare indicazioni».
Secondo il parlamentare, tuttavia, «non ci sarà nessuna novità» ma l'intenzione espressa dal premier Renzi «è certamente positiva perché può portare ad abbreviare i tempi di desecretazione di tutta una serie di atti dei servizi segreti, che possono riguardare anche carabinieri o polizia, utili ad accertare fatti del passato».
«Bene l'annuncio del premier Matteo Renzi ma sarebbe necessaria la desecretazione di altri archivi per illuminare le zone grigie della storia», commenta il deputato Pd, Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna. «Bisognerebbe avere la possibilità di avere la disponibilità degli archivi militari - ha aggiunto -, degli archivi del ministero degli Esteri e di quello dei carabinieri».
Anche Daria Bonfietti, ex senatrice dei Ds e presidente dell'Associazione familiari delle vittime di Ustica, parla di notizia positiva «ma non decisiva ai fini della verità». «Credo che sia uno slogan vecchio, molto usato - ha aggiunto - e continuo a pensare, come è vero, che per la maggior parte di stragi delle quali parliamo non sono stati mai apposti segreti di Stato. La legge 801, ma anche le revisioni che sono state fatte, eliminano la possibilità di mettere sulle stragi il segreto di Stato».
di Fabrizio Colarieti