«Renzi, al solito, vende fumo». Così Aldo Giannulli, ricercatore in Storia contemporanea all’Università di Milano, già consulente di diverse procure e della Commissione stragi, bolla dal suo blog l'operazione trasparenza sulle stragi promossa dal Governo. Giannuli è uno dei massimi esperti del settore e oltre a essere autore di diversi saggi sul mondo dell'intelligence e colui che nel 1996 scoprì, sulla via Appia, il famoso deposito segreto dei fascicoli dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale.
L'esperto, commentando la decisione del governo di declassificare i documenti riguardanti le stragi di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna e rapido 904, afferma che si tratta di «chiacchiere», perché, innanzitutto, «già da una ventina di anni, il segreto di Stato non è opponibile alla magistratura che procede per reati di strage o eversione dell’ordine democratico». Di conseguenza, spiega Giannuli, la magistratura, «sia direttamente che tramite agenti di pg e periti, ha abbondantemente esaminato gli archivi dei servizi e dei corpi di polizia, acquisendo valanghe di documenti che sono finiti nei fascicoli processuali».
Anche le Commissioni parlamentari che si sono succedute, sul caso Moro, sulle stragi, sul caso Mitrokhin, «hanno acquisito molta documentazione in merito (anche se poi è finita negli scatoloni di deposito e non in archivi pubblici)». E una larghissima parte di questi documenti «finita nei fascicoli processuali e nelle commissioni di inchiesta è stata resa consultabile dalla “Casa della Memoria di Brescia”, dove chiunque può accedere, e dalla Regione Toscana (strano che Renzi non lo sappia)».
Inoltre la stessa documentazione, già a suo tempo, fu acquisita dai magistrati e consultata dai giornalisti «che l’hanno avuta dagli avvocati delle parti ed è finita in migliaia di articoli». «Diversi consulenti parlamentari e giudiziari (a cominciare dal più importante, Giuseppe De Lutiis a finire al sottoscritto) - prosegue Giannuli dal suo blog - hanno successivamente utilizzato abbondantemente quella documentazione per i loro libri».
Dunque siamo alla “quinta spremitura”. «Viceversa - va avanti il ricercatore -, restano ancora da risolvere i problemi degli archivi inarrivabili e per i quali occorrerebbe far qualcosa per renderli accessibili: quello della Presidenza della Repubblica che ha sempre rifiutato ogni accesso, per quanto minimo, alla magistratura in nome dell’immunità Presidenziale. Quello dell’Arma dei Carabinieri (alludiamo all’archivio informativo, non a quello amministrativo) che non si capisce dove stia. Quelli delle segreterie di sicurezza dei vari enti e dei relativi uffici Uspa (Ufficio sicurezza del Patto Atlantico, ndr) che sono protetti dal segreto Nato».
Renzi secondo Giannuli dovrebbe «invitare il Capo dello Stato a valutare l’opportunità di rendere accessibile il proprio archivio oltre le carte del Protocollo attualmente visibili; chiedere all’Arma dei carabinieri un rapporto ufficiale sulla sistemazione dei propri archivi informativi; porre in sede Nato la questione del superamento del segreto dopo un congruo periodo di segretazione. Per esempio, poco dopo la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, la Nato avocò a sé tutto il materiale della e sulla Aginter Press: possiamo vederlo?».
Ma soprattutto, ricorda Giannuli, andrebbero adottati i regolamenti attuativi della legge 124 del 2007. «Se il Presidente del Consiglio vuol fare sul serio - conclude Giannuli - è bene che si ricordi che il suo ente è in ritardo di anni su precisi impegni presi. Nel 2007, per far digerire quell’orrore di legge di “riforma” sui servizi, venne inserito un complicato sistema che avrebbe dovuto assicurare la decadenza automatica della classifica di segretezza dopo un certo periodo; premessa necessaria per poter inviare i documenti agli archivi di Stato (non solo quelli sulle stragi ma tutti). Però occorreva prima fare i regolamenti attuativi: stiamo ancora aspettando questi regolamenti dopo sette anni. Poi il governo Monti promise che entro il 2012 avrebbe comunicato l’elenco dei vari archivi esistenti con le diverse sedi dei depositi (cosa che non è stato mai possibile avere). E stiamo aspettando ancora anche questo elenco. Se la sente Renzi di fare sul serio - chiosa - o è solo fumo elettorale?».
di Fabrizio Colarieti