Non ha mai smesso di pensare agli altri. Dalla notte del 24 agosto, quando la scossa delle 3.36 gli ha strappato i figli, Anna di 21 anni e Franco di 23, Carlo Grossi non si è fermato un attimo. Ha continuato a fare quello che faceva da una vita, il suo mestiere: il soccorritore. Chiunque, di fronte a un dolore così immenso, avrebbe gettato la spugna, lui no. Ha scavato tra le macerie, ha tirato fuori i suoi figli per i quali non c'era più nulla da fare, e poi ha trasformato la sua tragedia senza confini in una missione di soccorso, mettendo i bisogni degli altri in cima alle priorità. A un mese dalla maledetta notte in cui la terra ha tremato inghiottendo metà della sua vita, Carlo è ancora in prima linea, con il suo cane Laga. È al campo di Sommati, una delle frazioni di Amatrice colpite dal terremoto. Fa il volontario tra le fila dell'Associazione nazionale carabinieri. Gioca con i bambini, pulisce la mensa, raccoglie richieste di aiuto, ripara roulotte, si reca a fare consegne di beni di prima necessità, medicine, cibo e vestiario. Fa anche l'infermiere, il suo lavoro dal 1981, l'anno in cui si trasferì da Roma all'ospedale Grifoni di Amatrice, dove ancora oggi è in servizio presso l'Ares 118. Conosce il territorio, sa raggiungere ogni frazione passando per strade alternative. "Cerchiamo di risolvere in tempi brevi richieste che creano enormi difficoltà a questa gente che non ha più nulla o poco", racconta con la sua solita grinta. "Non faccio turni oltre la mezzanotte - prosegue Grossi - perché ho voglia di isolarmi. Prendo qualche goccia di ansiolitico per dormire, tre-quattro ore. Ho rivisto tanta gente che avevo incontrato in passate emergenze, ogni tanto scende qualche lacrima e mi allontano per non mettere a disagio chi mi è vicino. Qui a Sommati ho conosciuto volontari straordinari, anche un ex carabiniere sopravvissuto alla strage di Nassiriya. Per me è un dovere essere qui". Carlo dorme in auto, non in tenda, "ho un sacco a pelo da parete quindi sto caldissimo". Per un attimo sembra voglia parlare delle sue necessità, ma non è così: "servirebbero stivali in gomma e scarponi invernali, cercatemi o inviateli ai ragazzi di Amatrice solidale". "Prima o poi dovrò ringraziare tanta gente generosa - aggiunge -, ma ora la mia testa è solo per i ricordi dei miei figli e l'attenzione per i bisognosi". "La vita va avanti", ha scritto Grossi sulla sua pagina Facebook il 3 settembre, dopo giorni di silenzio, pubblicando una foto che lo ritrae con un bambino terremotato. Un silenzio interrotto per chiedere aiuto, non per se stesso, ma per gli altri. Così oggi sulla sua bacheca si alternano alle foto di Anna e Franco, i messaggi di sostegno che arrivano da ogni parte d'Italia e i suoi appelli a non dimenticare chi soffre e chi da quella notte non c'è più.
di Fabrizio Colarieti per Ansa [link originale]