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Aeronautica militareNon pilotavano aerei ma appalti pubblici per i lavori edili e le ristrutturazioni da compiere in otto basi dell'Aeronautica militare tra Lazio e Campania. Ora sono indagati, in 39, 14 dei quali sono stati arrestati, ieri mattina, in diverse città italiane, e 10 dovranno rispettare l’obbligo di dimora. Ma quello che colpisce di più, in questa ennesima storia di gare truccate, è che una dozzina di indagati sono militari.
Gli arresti, su ordine del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri, sono stati eseguiti nelle province di Roma, Napoli, Caserta, Latina, Viterbo, Grosseto, Chieti e Ravenna. A carico degli indagati, ha riferito il comando provinciale dei Carabinieri della Capitale, “sono stati riconosciuti gravi indizi” e contestati reati che vanno dalla turbata libertà degli incanti alla frode nelle pubbliche forniture, alla corruzione per l’esercizio della funzione e alla falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Le indagini, coordinate dalla Procura di Velletri, si sono concentrate su 49 appalti, svolti tra maggio 2017 e gennaio 2021, riguardanti lavori da compiere nelle basi dell’Aeronautica militare di Ciampino, Pratica di Mare, Vigna di Valle, Furbara, Montecastrilli, Borgo Piave, Grazzanise e Somma Vesuviana. ...continua a leggere "Decolla la corruzione. All’Aeronautica pilotavano più appalti che aerei"

cantone«Napoli è sotto attacco». Il 4 marzo è una data che il sindaco Luigi de Magistris ricorderà per sempre. E le sue parole, affidate a Twitter, la dicono lunga su quanto stava patendo la sua città in quelle ore. In via Riviera di Chiaia si era appena sbriciolato un palazzo e nella notte, nel quartiere di Bagnoli, le fiamme, in un amen, avevano completamente distrutto la Città della Scienza. Un incendio doloso. Anzi, un rogo di camorra, come hanno titolato i quotidiani nei giorni successivi. Un attentato opera di professionisti, con almeno sei punti d’innesco attorno al perimetro della grande struttura fondata dallo scienziato Vittorio Silvestrini e gestita dalla Fondazione Idis. Chi ha appiccato il fuoco ha cosparso benzina e altri liquidi infiammabili che hanno alimentato le fiamme per tredici ore. Poi la brezza che arriva dal mare, che è lì a due passi, ha fatto il resto, rendendo quello che era il simbolo culturale e della rinascita di Napoli un cumulo di macerie annerite. S’indaga in tutte le direzioni: dagli appalti al racket degli investimenti, dal malessere interno per le difficoltà economiche, fino alla mancata bonifica dell’area ex Italsider. Ovviamente in terra di camorra è difficile non attribuire un’azione così eclatante alla criminalità organizzata, ma Raffaele Cantone, il magistrato che ispirò lo scrittore Roberto Saviano e lottò contro la camorra indagando sul clan dei Casalesi e facendo condannare all’ergastolo camorristi del calibro di Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, esclude che si tratti di un’azione camorristica.
Dottor Cantone, perché non è stata la camorra a incendiare la Città della Scienza?
«Faccio fatica a pensare che l’unica cosa che in quella realtà era in grado di portare ricchezza, e che quindi indirettamente poteva perfino fare gola alla camorra, sia stata distrutta senza una ragione. A Bagnoli l’unica situazione capace di muovere l’economia e di creare un’alternativa sul territorio era la Città della Scienza e quindi mi sembra incredibile che la criminalità organizzata, che ha interesse a guadagnare e a lucrare, possa aver eliminato l’unica cosa che in quel territorio portava denaro. Ovviamente questo discorso vale a condizione che non ci siano altre situazioni, fatti che però ad oggi non emergono». ...continua a leggere "Tutta colpa della Camorra?"

anemoneQualcuno voleva morto il costruttore Diego Anemone, il principale protagonista delle inchieste sui grandi appalti, dai Mondiali di nuoto al G8 a La Maddalena, che ristrutturò il quartier generale dell’Aisi a Roma? Proprio la stessa agenzia di intelligence che con un’informativa top secret alla direzione della Casa circondariale di Rieti, dove il costruttore era detenuto tra febbraio e maggio del 2010, riferì dell’esistenza di un piano che puntava ad eliminarlo. I Servizi informarono il direttore dell’istituto che la vita dell’imprenditore poteva essere a rischio, non all’esterno, cioè dal momento in cui fosse stato rimesso in libertà, bensì proprio tra le mura del carcere. La polizia penitenziaria da quel momento in poi sorvegliò a vista la sua cella e non lasciò mai solo Anemone, neanche durante le ore che il costruttore trascorreva negli spazi comuni insieme agli altri detenuti. A un ristretto numero di agenti di custodia fu assegnato l’incarico di sorvegliarlo, anche di notte, fino al giorno della sua scarcerazione, il 9 maggio 2010. La segnalazione giunta alla direzione del carcere – secondo quanto ha appreso Il Punto – era sintetica, solo poche righe nel gergo dell’intelligence per riferire che il Servizio segreto civile aveva appreso, da fonti ovviamente non specificate, che la vita del maggiore indagato delle inchieste sulle cricche era seriamente in pericolo. ...continua a leggere "Volevano uccidere Anemone?"

siriaNon siamo riusciti a capire chi ci abbia rapito, ma abbiamo saputo che a liberarci è stato l’Esercito siriano». Sono le uniche parole pronunciate il 28 luglio dal tecnico genovese della galassia Ansaldo Energia, Oriano Cantani, al ritorno dalla Siria, dopo un sequestro lampo di dieci giorni che lo ha visto protagonista insieme al suo collega, Domenico Tedeschi. Il rapimento dei due tecnici – ufficialmente impegnati nella costruzione di una centrale a Deir Ali su incarico dell’ente elettrico statale siriano – era avvenuto il 18 luglio nei pressi di Damasco e in circostanze ancora oggi poco chiare. Secondo la ricostruzione dei fatti Cantani e Tedeschi sono stati bloccati da un gruppo di uomini armati, ribelli o forse lealisti del regime. La notizia era giunta in Italia con due giorni di ritardo, il 20 luglio, rimbalzando sul Secolo XIX, grazie al racconto di un italiano che era in compagnia dei due nei momenti precedenti il loro rapimento. Poi la conferma della Farnesina, che, tuttavia, non nascondeva alcune perplessità sull’episodio, definendolo «poco chiaro».
LE VERSIONI. Nelle ore successive le notizie che giungono da Damasco restano frammentarie. Due le versioni su come sarebbe avvenuto il sequestro. La prima: i due tecnici viaggiavano in auto nel mezzo di una colonna che trasportava anche altri italiani che stavano raggiungendo l’aeroporto. Il loro mezzo sarebbe stato fermato da uomini armati, mentre il resto del convoglio ha potuto raggiungere lo scalo. «Arrivati all’aeroporto di Damasco – riferirà al Secolo XIX l’anonimo testimone – ci siamo accorti che mancavano due di noi (Cantani e Tedeschi, ndr). Pensavamo che avessero preso un’altra strada e speravamo di incontrarli più tardi, magari a Beirut, ma di loro non abbiamo più saputo niente». La seconda versione è completamente diversa: il convoglio degli italiani sarebbe stato fermato per controlli, attività che avrebbe spaventato i due tecnici a tal punto da fargli cambiare percorso. E questo cambio li avrebbe fatti finire nelle mani dei ribelli. I due italiani ricompaiono il 28 luglio, ed è la tv di stato siriana a mostrare i loro volti. «E’ un esito di cui dobbiamo essere soddisfatti», commenta a caldo il ministro degli Esteri, Giulio Terzi. «Vorrei ringraziare – ha poi aggiunto – tutte le organizzazioni e amministrazioni che hanno collaborato così attivamente sul piano nazionale a questo esito, diciamo felice, di una situazione complessa perché da dieci giorni il ravvivarsi così doloroso della guerra civile e soprattutto delle operazioni nella zona di Aleppo e Damasco avevano creato ulteriori situazioni di pericolo per i nostri due tecnici». La versione siriana non fa una piega ed è affidata a un servizio della tv di stato che mostra Cantani e Tedeschi appena liberati, seduti su un divano, stanchi, ma in buona salute. Secondo l’emittente, i tecnici sarebbero stati prelevati da un «gruppo terroristico armato di 15 persone» nei pressi del cantiere di Deir Ali e liberati dalle truppe regolari durante la controffensiva lanciata ai ribelli nei sobborghi di Damasco. Citati dall’agenzia ufficiale Sana, i due tecnici hanno confermato di essere stati «rapiti e vessati da un gruppo terroristico armato» e di essere stati invece liberati «dall’esercito arabo siriano (governativo)». Cantani, tuttavia, a Ciampino cambia alcuni passaggi della sua versione: «Non siamo riusciti a capire chi ci abbia rapito, ma abbiamo saputo che a liberarci è stato l’Esercito siriano. La nostra liberazione è andata bene, è stata una cosa tranquilla, non c’è stato un blitz e non abbiamo avuto altri problemi». Quindi nessuna vessazione. E rispondendo alla domanda di un cronista, su come sarebbe avvenuta la loro liberazione, il tecnico ha poi aggiunto: «E’ difficile poterlo dire perché onestamente non lo so neanche io». Sul caso ora indaga la Procura di Roma che ha aperto un fascicolo e ascoltato i due italiani (il verbale è stato segretato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Francesco Scavo). Secondo il sito italiano sirialibano.com a rapire i due tecnici potrebbero essere stati «uomini vicini allo stesso regime siriano», con il duplice obiettivo di mostrare che in Siria regna ormai il caos, creato dai terroristi armati da Turchia, Qatar e Arabia Saudita, e che «senza la copertura di sicurezza del regime sono a rischio gli interessi occidentali e la vita dei pochi cittadini che ancora rimangono nel Paese». «Non è dietrologia – riferisce lo stesso sito –, ma lo schema usato per molti anni nel Libano della guerra civile (1975-90) dagli stessi servizi di sicurezza di Damasco e dai loro clienti a Beirut: sedicenti gruppi fondamentalisti, con sigle spesso mai conosciute prima, rivendicavano i rapimenti di occidentali, che riapparivano dopo mesi o settimane liberati “grazie a Damasco” e ai suoi “sforzi di mediazione”…».
INTERESSI SIRIANI. Ansaldo Energia, e più in generale il gruppo Finmeccanica, ha molti interessi in Siria. Dal giugno scorso, a circa cinque chilometri da Damasco, è iniziata la costruzione di una centrale elettrica per conto della società pubblica elettrica siriana Peegt. Per realizzare l’opera l’azienda ligure nell’ottobre del 2010 ha firmato, in consorzio con la società greca Metka, un contratto del valore di 160 milioni di euro che prevede la fornitura ai siriani di un impianto a ciclo combinato per il sito di Deir Azzour. Secondo il progetto – al quale stavano lavorando, per conto di alcune società dello stesso gruppo, anche i due tecnici sequestrati – la Ansaldo equipaggerà la centrale con generatori, turbine a gas e a vapore, fornirà parti di ricambio e assisterà al montaggio e all’avviamento dell’impianto. Wikileaks, l’organizzazione che fa capo a Julian Assange, ha svelato recentemente anche altri retroscena rendendo pubbliche oltre 2 milioni di mail «compromettenti» scambiate tra politici e ministri siriani con esponenti interni ed esterni al regime e aziende occidentali, tra le quali figura anche il gruppo di piazza Monte Grappa. Nel mirino di Assange è finita, in particolare, la vicenda delle commesse della controllata Selex Elsag per la fornitura al regime di Bashar al-Assad del sistema Tetra per le telecomunicazioni. Si tratta di apparecchiature che permettono comunicazioni criptate, cioè a prova d’intercettazione. Tra le mail diffuse da Wikileaks ce n’è una del 2 febbraio scorso – e la guerra civile era già in corso – che annuncia l’arrivo a Damasco degli ingegneri italiani della Selex per istruire i tecnici della Intracom Syria (intermediaria greca della Syrian Wireless Organization) sull’uso del Tetra. Secondo Finmeccanica si tratta di commesse trasparenti. «In Siria - ha spiegato il presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi – abbiamo venduto il sistema Tetra in tutta trasparenza». Il sistema Tetra, fornito a partire dal 2008, «era destinato all’impiego da parte di organizzazioni per le emergenze e il soccorso», per un uso «esclusivamente civile e non militare». «Qualsiasi altro utilizzo che ne sia stato fatto è fuori dal controllo di Selex Elsag. La rete Tetra – spiega la nota di Finmeccanica – è stata fornita (alla Siria, ndr) nel pieno rispetto delle regole sull’esportazione di tali tecnologie e completata in tempi antecedenti allo scatenarsi dei conflitti interni al Paese. Successivamente all’avvio dei disordini in Siria, e alle relative prese di posizione della comunità internazionale, non è stata più autorizzata – né, pertanto, eseguita – alcuna fornitura. Ogni successivo rapporto con il cliente siriano è stato unicamente finalizzato al recupero di crediti, che ammontano tuttora ad alcuni milioni di euro».

di Fabrizio Colarieti per Il Punto del 6 settembre 2012 [pdf]