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Vittime collaterali AdagioQuesta storia, più di altre, insegna tante cose. Per esempio che la morte ti si avvicina non solo quando sei vecchio o malato. La gelida Signora ti si accosta anche quando diventi scomodo, quando tocchi con mano la verità e il segreto, oppure quando sei rimasto solo e disarmato. A quel punto sei già morto, resta solo da capire quando e cosa ti accadrà.
Giovanni Falcone, quando il suo destino era prossimo a Capaci, diceva che generalmente si muore perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande o, peggio ancora, perché non si dispone delle necessarie alleanze o si è privi di sostegno. Parole che valgono anche per gli ottantuno passeggeri del Dc9 Itavia precipitato nel mare di Ustica il 27 giugno 1980: quella sera erano soli, erano dentro un gioco più grande di loro, non avevano alleati e nessuno poteva salvarli. Ma vale anche per coloro - almeno due - che dopo quei fatti, con ogni probabilità essendone stati testimoni oculari, hanno incontrato sulla loro strada la gelida Signora. La loro sorte, le loro storie, sono un mistero nel mistero. Le chiamano morti sospette e se nell’affaire Ustica la verità è la vittima numero 82, loro - Mario Alberto Dettori e Franco Parisi - sono i morti numero 83 e 84.
Il giudice Priore gli ha dedicato un capitolo della sua lunga sentenza-ordinanza e, non a caso, quel capitolo s’intitola Le morti sospette. E’ un elenco: 13 nomi, 13 morti. Gli ultimi due sono proprio loro, Dettori e Parisi, e le loro storie sono narrate in un paragrafo a sé che ha un titolo che dice tutto ciò che c’è da sapere: I decessi per i quali permangono indizi di collegamento con il disastro del Dc9 e la caduta del MiG. Priore, nelle premesse, dice anche una cosa importante: in questa storia non si sarebbero dovute determinare necessità estreme di soppressioni, se non nei casi eccezionali di testi diretti, tecnici, in possesso di larga parte dei fatti. Di testi cioè fonti, non smentibili o da mostrare come usciti di senno. ...continua a leggere "Vittime collaterali"

ramsteinAlla vigilia del 33esimo anniversario della strage di Ustica del 27 giugno 1980 che si lega a un altro disastro dell’aria, quello di Ramstein, parla per la prima volta e le sue parole sono chiare. “Voglio solo che il nome di mio fratello sia riabilitato. Ivo non causò la morte di tutte quelle persone, era un bravo pilota e non avrebbe mai commesso un errore del genere. Cerco la verità da anni e il sospetto che la sua morte sia legata alle 81 vittime del Dc9 è maturato dopo aver visto con quanta fretta e superficialità l’Aeronautica indagò sull’incidente”.
Giancarlo Nutarelli è il fratello del tenente colonnello Ivo Nutarelli, uno dei tre piloti delle Frecce Tricolori (gli altri due erano il parigrado Mario Naldini e il capitano Giorgio Alessio) morti in Germania il 28 agosto 1988, durante l’Airshow Flugtag che causò la morte di 67 persone e il ferimento di altre 346. Grazie alla sua tenacia un pool di avvocati, giornalisti ed esperti del settore ha lavorato per un anno e mezzo a un’indagine che, a distanza di 25 anni, rimette tutto in discussione, a partire proprio dalle conclusioni dell’inchiesta dell’Aeronautica secondo cui il disastro di Ramstein fu causato da una serie di errori commessi proprio da Nutarelli.
Ustica e Raimstein: due storie che si legano sull’Appennino tosco-emiliano. Per capire come la storia di Ivo Nutarelli e Mario Naldini incrocia quella di Ustica bisogna ripartire da quella notte di 33 anni fa, qualche minuto prima della scomparsa dai radar del Dc9 Itavia (77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio). Siamo a Grosseto e in volo addestrativo, ai comandi di un TF-104G, ci sono Naldini e Nutarelli. I due istruttori sono in missione con un allievo e prima di rientrare alla base, intorno alle 20.48, dichiarano lo stato di emergenza generale “squoccando” due volte in tre minuti. Una circostanza, questa, che sottintende uno scenario di reale pericolo. Dieci minuti dopo Ciampino perderà i contatti con il Dc9. ...continua a leggere "Incidente di Ramstein, dossier dei familiari dei piloti: “Nessun errore in volo”"

dc9_ustica1_NDietro un processo ci sono sempre delle storie. Ci sono le vittime e i loro carnefici, i giudici tenaci e quelli meno coraggiosi, gli avvocati bravi e quelli meno preparati. Dietro questo processo, finito quasi trentatré anni dopo una delle più grandi tragedie del nostro Paese, c’è, innanzitutto, la storia di un uomo. Si chiamava Gaetano La Rocca, aveva 39 anni, faceva l’assicuratore e la sera del 27 giugno 1980 era a bordo del Dc9 dell’Itavia che precipitò in mare, vicino Ustica. Tornava a casa, a Palermo, dopo una trasferta di lavoro a Bologna. La storia di Gaetano La Rocca è tormentata, come quella degli altri ottanta passeggeri del volo IH-870 inghiottiti dalle tenebre mentre intorno a loro si consumava qualcosa che ancora oggi va chiarito fino in fondo. I suoi familiari, nel 1990, furono i primi a capire che erano le istituzioni a dover pagare per quello che era accaduto nei cieli del Tirreno. E di anni, prima di arrivare al primo verdetto, in sede civile, ne hanno attesi ben diciassette.
Il primo giudice che puntò il dito contro lo Stato, nel 2007, fu Gianfranco Di Leo della seconda sezione civile del Tribunale di Palermo. Fu il primo a scrivere che per quanto era successo la notte di Ustica - a prescindere da chi lanciò il missile contro il Dc9 - era lo Stato a dover risarcire le vittime, principalmente per non aver garantito la loro incolumità. Tre anni dopo il giudice Alfredo Laurino della prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo confermò la sentenza di primo grado dando la possibilità ai familiari di Gaetano La Rocca, e a quelli di altre cinque vittime che nel frattempo si erano aggiunti in giudizio, di ottenere il risarcimento. «Circa le due opzioni formulate per individuare le cause della caduta dell’aereo - scriveva Laurino nella sua sentenza -, e cioè l’abbattimento ad opera di un missile, o l’esplosione interna, la Corte ritiene accertata, nel rispetto degli standards di prova sopra specificati, la prima», cioè il missile. ...continua a leggere "Ustica, una verità inconfessabile"

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tricaricoIn queste ore, di fronte all’ennesimo colpo di scena sulla Strage di Ustica, in molti mi hanno chiesto di commentare la notizia della condanna dei ministeri del Trasporti e della Difesa a risarcire i familiari di alcune vittime del Dc9. Altri, che da anni seguono stragi80.it, mi hanno semplicemente fatto sapere che è anche merito nostro - e di chi ha dedicato molti anni della propria carriera a questa brutta storia - se si è raggiunto un traguardo così importante.
Stiamo alle notizie. La Cassazione ha scritto che il Dc9, quella notte, fu abbattuto da un missile e che lo Stato non garantì l’incolumità dei passeggeri di un volo che percorreva un’aerovia civile in tempo di pace, tornando così ad accreditare, con il sigillo di una sentenza definitiva, una tesi antica quanto questa vicenda. Un sospetto - sostenuto da sufficienti elementi di prova - che aleggia attorno all’affaire Ustica fin dalla notte del 27 giugno 1980, quando Ciampino perse i contatti con il volo IH-870.
Non ho intenzione di ripercorrere quelle ore, ma su Ciampino voglio spendere alcune parole. Di Ciampino abbiamo il tracciato radar, l’unica prova, documentale, sopravvissuta alla sistematica azione di depistaggio e distruzione di prove che ha accompagnato il caso Ustica in questi anni. ...continua a leggere "Quello che so e quello che vorrei sapere dal generale Tricarico"