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Ormai a Palermo i magistrati dell’antimafia sono abituati a convivere con i pezzi mancanti e le prove misteriosamente scomparse. Ogni inchiesta ricorda almeno un caso del genere e recentemente anche un cronista di Repubblica, Salvo Palazzolo, ha provato a elencarli in un libro. Ma a quelli finora noti se ne è aggiunto un altro, meno conosciuto, rispetto, per esempio, all’agenda rossa sottratta dalla borsa del giudice Paolo Borsellino il giorno che saltò in aria in via d’Amelio.

...continua a leggere "Pezzi mancanti nel puzzle Ciancimino"

Palermo, via Emanuele Notarbartolo. Le sedi “coperte” dei Servizi sono più o meno tutte uguali. Centrali, nascoste tra mille altre attività e tra le mura di edifici anonimi, che di solito sorgono vicino a importanti sedi governative. Uffici facilmente accessibili, spesso protetti da un portiere che sa tutto e che fa finta di nulla. Solitamente si nascondono dietro le insegne di finte agenzie assicurative oppure di inesistenti centri studio, associazioni culturali, istituti di cooperazione o di import-export. Sul campanello c’è scritto semplicemente “agenzia”, “studio”, “istituto” o la sigla di una delle tante Srl che le “barbefinte” utilizzano per coprire l’attività di spionaggio. ...continua a leggere "Le sedi “coperte” dei Servizi siciliani. Misteri palermitani sotto copertura"

Fu Franco Restivo, ex ministro democristiano degli Interni e della Difesa, a far incontrare Don Vito Ciancimino e il misterioso personaggio legato ai Servizi segreti conosciuto col nome di “Signor Franco”. Evocato spesse volte da Massimo Ciancimino nelle aule di tribunale, nei processi dove viene ascoltato dai giudici in qualità di testimone o di imputato di reato connesso, ma non solo. Il figlio di Don Vito, quel “Signor Franco” (spesse volte Signor Carlo), lo fa giocare in un ruolo chiave nelle più intricate vicende palermitane. ...continua a leggere "Stato-mafia, ora si punta al IV livello"

Le “facce da mostro” che giravano in Sicilia negli anni delle stragi di mafia erano due: un discusso agente segreto, con un piede nello Stato e l’altro nelle cosche, e un dipendente regionale vicino all’ex sindaco Ciancimino, che suo figlio Massimo avrebbe già identificato. Entrambi sarebbero morti: il primo nel 2004, il secondo due anni prima. Due ombre, tanti sospetti e solo poche certezze, in quanto soltanto uno di loro, il dipendente regionale, è stato recentemente identificato, attraverso una foto. A dare un nome a quel volto, con quella vistosa cicatrice sulla guancia destra, è stato, per l’appunto, Massimo Ciancimino, il figlio del boss don Vito, quello del “papello” e della trattativa tra Stato e mafia (leggi l’intervista). Due volti sfigurati, inguardabili e indimenticabili, rimasti impressi nella memoria di decine di testimoni e di cui - a distanza di vent’anni da quella stagione di sangue - si sa ancora davvero poco. ...continua a leggere "La doppia pista su “faccia da mostro”"