Gli ultimi messaggi che Giulio Regeni scrisse a un amico anonimo, via Facebook, prima della sua morte, in Egitto, mostrano chiaramente le preoccupazioni per gli studi che il giovane ricercatore stava conducendo nel Paese africano e smentiscono la tesi egiziana che fosse una spia di un’intelligence straniera o un agitatore politico. A sostenerlo è il Guardian, in un articolo dedicato al caso della morte dello studente friulano dell’Università di Cambridge, ora oggetto, in Italia, di un processo contro quattro 007 egiziani che, secondo le indagini condotte dalla Procura di Roma, lo rapirono e torturarono fino ad ucciderlo. Ancor prima di lasciare l’Inghilterra, Regeni era molto preoccupato per i rischi che avrebbe dovuto affrontare lavorando alla sua tesi sui sindacati degli ambulanti egiziani. Il 28enne, ricostruisce il Guardian, in particolare, temeva di essere espulso prima che potesse terminare le sue ricerche. A ottobre 2015, un mese dopo il suo arrivo al Cairo, aveva descritto i sindacati egiziani come “l’unica forza rimasta nella società civile” capace di combattere la repressione del governo. Ma le cose, secondo quanto ricostruisce il Guardian, ben presto presero una piega preoccupante. A una riunione di attivisti sindacali, Regeni aveva notato una giovane donna velata che lo stava fotografando con il telefono e da quel momento iniziò a temere di essere sotto sorveglianza. ...continua a leggere "Regeni non era una spia. Gli ultimi messaggi scritti a un amico smentiscono gli 007 egiziani"
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Su Regeni nessuna verità dal Cairo. I magistrati egiziani fanno domande anziché dare risposte
Doveva essere il giorno della verità e, invece, si è trasformato nell’ennesimo oltraggio alla memoria. E’ avvenuto tutto questo, nella manciata di ore in cui i magistrati italiani, che indagano sul sequestro e l’uccisione di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano trovato morto al Cairo nel gennaio del 2016, sono tornati a confrontarsi in videoconferenza – per la dodicesima volta -, con i loro omologhi egiziani. Così non è stato, perché il procuratore capo Michele Prestipino e il sostituto Sergio Colaiocco si sono trovati davanti il solito muro di gomma che da 4 anni e mezzo ostacola il corso della giustizia.
I pm di piazzale Clodio, come avevano già fatto a gennaio, hanno di nuovo sollecitato le autorità egiziane sull’urgenza di ottenere un “riscontro concreto”, e in tempi brevi, alla rogatoria avanzata 14 mesi fa. Mentre il procuratore generale egiziano, Hamada El-Sawy, ha fatto sapere la Procura di Roma al termine del colloquio, si è limitato ad assicurare “che, sulla base del principio di reciprocità, le richieste avanzate dalla procura di Roma sono allo studio per la formulazione delle relative risposte alla luce della legislazione egiziana vigente”. Nulla di più. E, soprattutto, dalla videoconferenza non è arrivata alcuna risposta alle domande – almeno due – su cui i nostri inquirenti continuano a battere. ...continua a leggere "Su Regeni nessuna verità dal Cairo. I magistrati egiziani fanno domande anziché dare risposte"
Caso Regeni, ancora troppe “zone grigie” in Egitto e in Italia
Ci sono “zone grigie”, in Egitto e in Italia. E la verità sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sequestrato, torturato per 7 giorni e ucciso al Cairo quattro anni fa, è ancora lontana, perché, oltre alle reticenze delle autorità egiziane, ribadite recentemente anche dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, a mancare è la volontà di agire con maggiore determinazione. E’ quanto hanno ribadito i genitori del giovane friulano, Paola Deffendi e Claudio Regeni, nel corso della loro prima audizione dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulla vicenda.
Il governo egiziano, hanno detto i genitori di Giulio, “è recalcitrante e non collabora come dovrebbe”, ma, anche da parte italiana, non è stato “ancora ritirato il nostro ambasciatore al Cairo”. “Da tempo – hanno aggiunto – chiediamo il ritiro dell’ambasciatore. Cantini (Giampaolo Cantini, ndr) da molto tempo non ci risponde, evidentemente persegue altri obiettivi rispetto a verità e giustizia, mentre porta avanti con successo iniziative su affari e scambi commerciali tra i due Paesi”. ...continua a leggere "Caso Regeni, ancora troppe “zone grigie” in Egitto e in Italia"
Regeni prima di morire fu torturato dagli 007 egiziani per 7 giorni
Giulio Regeni, il ricercatore friulano morto al Cairo tre anni fa, dopo il suo arresto, compiuto da agenti della National security egiziana, fu torturato in più fasi e per giorni, tra il 25 e il 31 gennaio 2016. Indicibili sofferenze che gli causarono fratture e ferite compatibili con calci, pugni e violenti colpi sferrati con bastoni e mazze. Ad affermarlo sono stati il sostituto procuratore, Sergio Colaiocco, e il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, nel corso dell’audizione davanti alla neonata Commissione d’inchiesta istituita dal Parlamento per fare luce sulla morte del ricercatore.
“L’autopsia eseguita in Italia – ha spiegato Colaiocco – ha dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese, tra il 25 e il 31 gennaio. L’esame della salma depone per una violenta azione su varie parti del corpo. I medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell’osso del collo”. ...continua a leggere "Regeni prima di morire fu torturato dagli 007 egiziani per 7 giorni"