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Il tema spinoso delle intercettazioni sembrava finito nel dimenticatoio. Sorpassato dallo spread impazzito, dall’articolo 18 e dalla caduta anticipata di Silvio Berlusconi, il premier (pardon, l’ex) che – più di altri – provò a caricare sulle spalle degli italiani una paura in più: quella di essere spiati al telefono. Per intenderci stiamo parlando di una materia talmente complicata, quasi quanto regolare il conflitto d’interessi, che ha visto due governi, prima Prodi e poi Berlusconi, alle prese con un ddl mai nato, ma da tutti invocato a gran voce, guarda caso ogni volta che un politico – di destra o di sinistra – finiva intercettato da una procura. La bozza la portò all’attenzione del parlamento una vittima illustre dei telefoni sotto controllo, l’ex guardasigilli Clemente Mastella, il cui traffico telefonico (cosa ben diversa da quello fonico) finì – illegalmente secondo la Procura di Roma – negli atti dell’inchiesta Why Not? condotta dall’allora pm Luigi de Magistris e dal suo consulente, Gioacchino Genchi. Entrambi sono sotto processo, a Roma (la prima udienza ci sarà il prossimo 17 aprile), perché, secondo l’accusa, chiesero alle compagnie telefoniche di “sbirciare” nel traffico di migliaia di utenze, tra le quali anche quelle di parlamentari e agenti segreti, senza chiedere la preventiva autorizzazione alle Camere. ...continua a leggere "Bavaglio & Business"

L'intervista esclusiva a Gioacchino Genchi realizzata a Palermo il 6 aprile 2011 per Notte Criminale.

[guarda la II parte] - [guarda la III parte]

L'intervista, anche in formato testuale: prima parte - seconda parte.

«In Europa un criminale non può acquistare la bomba atomica, però può sempre comprarsi l’azienda che la produce, perché nel libero mercato nessuno glielo può impedire». A parlare èFabio Ghioni, l’hacker più famoso d’Italia, reo di aver “bucato” decine di server, compresi quelli della statunitense Kroll e del Corriere della Sera, per nome e per conto di Marco Tronchetti Provera assicura lui, quando era a capo della sicurezza informatica del gruppo Telecom Italia.

Lui, Divine Shadow, ombra divina, ormai fa informazione da sé - online, in decine di conferenze, con i suoi libri - e quando incontra un giornalista parla solo se le domande sono “sensate”. Da dire ci sarebbe molto, ma ormai Ghioni campa d’altro e Telecom lo considera solo un inciampo: una macchia nera nel suo lunghissimo curriculum che da quell’incidente in poi non ha fatto altro che allungarsi. Vola da una parte all’altra del globo, scrive dalla sua Hacker Republic e basta digitare il suo nome su Google per entrare nel suo mondo “binario”. Ora che è libero di parlare, che ha saldato il conto con la giustizia, patteggiando a 3 anni e 4 mesi la condanna per lo scandalo Telecom-Pirelli, ha cominciato a togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe. ...continua a leggere "Riciclaggio e tecnologie, il grande buco nero."

«Secondo lei a un paese alleato e potente come gli Stati uniti d’America è possibile negare qualcosa? Abbiamo perso la guerra, non se lo dimentichi». Quel qualcosa, che Fabio Ghioni dice e non dice rispondendo alle nostre domande, è il “rumors” - mai smentito né confermato - che l’intelligence americana abbia da tempo piazzato delle “sonde” sui cavi telefonici in transito in Italia. La posizione strategica dello stivale è definita dagli esperti “punto stella”. Passano infatti per il Belpaese tutti i cavi che permettono - su scala globale - le comunicazioni telefoniche e lo scambio di dati. A gestire il “punto stella” è proprio Telecom Italia Sparkle. L’azienda, controllata da Telecom Italia, gestisce la sua rete attraverso Seabone, il backbone in fibra ottica di 375mila chilometri che in tutto il mondo provvede a fornire il “routing” per la maggior parte del traffico generato da Telecom Italia. In Sicilia (a Palermo e Mazara del Vallo) approdano anche i cavi sottomarini SeaMeWe3 e SeaMeWe4. In rete è possibile rintracciare molta documentazione sul sistema di intercettazione globale Echelon, nato dall’accordo Ukasa sottoscritto nel ‘46 da Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda, e gestito dalla statunitense National Security Agency. Le comunicazioni che avvengono tramite cavi sottomarini possono essere intercettate, tanto e quanto quelle che viaggiano nell’etere, e questo è noto fin dal ‘71 quando un sottomarino americano riuscì a registrare le telefonate passanti attraverso un cavo militare russo. Nel 2004 la marina Usa e la Nsa hanno messo in servizio il sottomarino “J. Carter” che, a detta di Duncan Campbell, uno dei massimi esperti di Echelon, sarebbe in grado di spiare i cavi sottomarini di mezzo mondo. L’interesse dell’intelligence americana al traffico telefonico italiano, in particolare verso il Medio Oriente, è ben noto già dalla fine degli anni Novanta, come ha confermato a Report un vecchio direttore della compagnia telefonica: «I servizi segreti - ha affermato l’alto dirigente di cui non si conosce l’identità - volevano avere accesso al nodo di Palermo. C’erano dei collegamenti con l’America tant’è che io andai dal Presidente del Consiglio (Romano Prodi, ndr)». La Cia, perciò, voleva accedere al “nodo” siciliano, uno dei più importanti dell’Europa centrale, e non è chiaro se alla fine il governo gli lo ha permesso e in che termini. Un centro di ascolto statunitense, ormai abbandonato ma rimasto in funzione fino al ’97, sempre Report, lo ha filmato (puntata del 16 maggio scorso) a pochi chilometri da Aviano.

Il Punto - di Fabrizio Colarieti - 30 giugno 2010 [pdf]