Raccolta e condivisione delle informazioni non classificate. Sarà questo il compito della nuova Nato Strategic Direction South inaugurata oggi nella base di Lago Patria, a Giugliano in provincia di Napoli. La Direzione Strategica per il Sud sarà l’avamposto dell’Alleanza Atlantica nella lotta al terrorismo e focalizzerà la sua attenzione in particolare su Libia, Siria, Iraq, Tunisia e Giordania e più in generale su tutto il Medio Oriente, il Nordafrica e l’Africa Subsahariana.
“L’Hub – ha spiegato nei giorni scorsi il comandante del Comando congiunto interforze della Nato a Napoli, l’ammiraglio Michelle Howard – si prefigge di mettere a disposizione della Nato un centro di raccolta e condivisione di informazioni che facilitino la comprensione dell’ambiente e permettano di prendere decisioni fondate su informazioni circostanziate in tempi rapidi. L’hub sarà un luogo fisico che persegue scopi di collaborazione e anche l’espressione di una nuova mentalità che poggia sulla condivisione delle informazioni. La comprensione di un’area così dinamica e complessa – ha aggiunto Howard – richiede adattamento costante. C’è un chiaro interesse su questa regione che va avanti da almeno un paio d’anni: abbiamo bisogno di un’unità che possa occuparsene, guardando a cosa succede in quest’area e dire ok, qui abbiamo l’opportunità di fare qualcosa o di impedire che qualcosa succeda”. ...continua a leggere "Che cosa farà la nuova Nato Strategic Direction South a Napoli"
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Incidente di Ramstein, dossier dei familiari dei piloti: “Nessun errore in volo”
Alla vigilia del 33esimo anniversario della strage di Ustica del 27 giugno 1980 che si lega a un altro disastro dell’aria, quello di Ramstein, parla per la prima volta e le sue parole sono chiare. “Voglio solo che il nome di mio fratello sia riabilitato. Ivo non causò la morte di tutte quelle persone, era un bravo pilota e non avrebbe mai commesso un errore del genere. Cerco la verità da anni e il sospetto che la sua morte sia legata alle 81 vittime del Dc9 è maturato dopo aver visto con quanta fretta e superficialità l’Aeronautica indagò sull’incidente”.
Giancarlo Nutarelli è il fratello del tenente colonnello Ivo Nutarelli, uno dei tre piloti delle Frecce Tricolori (gli altri due erano il parigrado Mario Naldini e il capitano Giorgio Alessio) morti in Germania il 28 agosto 1988, durante l’Airshow Flugtag che causò la morte di 67 persone e il ferimento di altre 346. Grazie alla sua tenacia un pool di avvocati, giornalisti ed esperti del settore ha lavorato per un anno e mezzo a un’indagine che, a distanza di 25 anni, rimette tutto in discussione, a partire proprio dalle conclusioni dell’inchiesta dell’Aeronautica secondo cui il disastro di Ramstein fu causato da una serie di errori commessi proprio da Nutarelli.
Ustica e Raimstein: due storie che si legano sull’Appennino tosco-emiliano. Per capire come la storia di Ivo Nutarelli e Mario Naldini incrocia quella di Ustica bisogna ripartire da quella notte di 33 anni fa, qualche minuto prima della scomparsa dai radar del Dc9 Itavia (77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio). Siamo a Grosseto e in volo addestrativo, ai comandi di un TF-104G, ci sono Naldini e Nutarelli. I due istruttori sono in missione con un allievo e prima di rientrare alla base, intorno alle 20.48, dichiarano lo stato di emergenza generale “squoccando” due volte in tre minuti. Una circostanza, questa, che sottintende uno scenario di reale pericolo. Dieci minuti dopo Ciampino perderà i contatti con il Dc9. ...continua a leggere "Incidente di Ramstein, dossier dei familiari dei piloti: “Nessun errore in volo”"
La Repubblica dei segreti
Potrebbero essere non più di dieci casi, parte dei quali ormai noti. Parliamo di segreti di Stato: dal Piano Solo del ’64 al sequestro dell’Imam di Milano Abu Omar del 2003. Una manciata di fattacci in cui l’esecutivo ha deciso di classificare, con il massimo grado di riservatezza, documenti, luoghi, circostanze e protagonisti su cui la magistratura aveva avviato delle indagini. Dal 2011, con il decreto contenente le disposizioni per la tutela amministrativa del segreto, esiste anche un inventario degli omissis di Stato presso l’Ufficio centrale per la segretezza. Ed è lì che sono conservati i fascicoli top secret della nostra Repubblica. L’ultimo vincolo lo ha imposto il premier Mario Monti, rinnovando, per la terza volta consecutiva, dopo Berlusconi e Prodi, il segreto sulla vicenda Abu Omar. A pagarne le conseguenze è la Corte d’Appello di Milano dove è di nuovo sotto processo l’ex numero due del Sismi, Marco Mancini, imputato, insieme ad altri 007 dell'intelligence militare, per il pasticcio del sequestro dell’Imam della moschea di viale Jenner, compiuto dalla Cia il 17 febbraio 2003.
LA LISTA DEGLI OMISSIS. L’ultima scansione dei segreti ancora in vita l’ha compiuta il Comitato di controllo sull'attività dei Servizi segreti, sotto la presidenza di Massimo D’Alema. Nella relazione trasmessa al Parlamento il 25 gennaio scorso il Copasir conferma, infatti, di aver ricevuto da Palazzo Chigi la lista dei segreti di Stato tuttora pendenti, «per tre dei quali, trascorso il termine di quindici anni, è stata disposta la proroga fino a trent'anni». Sono tre vicende diventate segrete intorno al '97 e, perciò, per sapere di cosa si tratta sarà necessario attendere il 2027. La relazione contiene, inoltre, anche un elenco di segreti di Stato apposti da Palazzo Chigi o da altre autorità ministeriali «della cui esistenza il Comitato parlamentare è venuto a conoscenza per la prima volta in questa occasione». ...continua a leggere "La Repubblica dei segreti"
Cybercrime, ecco la guerra 2.0
Aldo Giannuli, attento studioso del mondo dell’intelligence, nel suo ultimo libro, Come i servizi segreti usano i media (Ponte alle Grazie, 236 p. 13,50 euro), non ha dubbi: se il flusso delle telecomunicazioni si arrestasse improvvisamente, per una qualsiasi ragione, la nostra società cesserebbe istantaneamente di funzionare (dai trasporti alle banche, dalle borse agli ospedali, dalla distribuzione commerciale alla produzione industriale). È lo scenario peggiore che la mente umana, moderna, possa immaginare: un blackout, ovviamente doloso, capace di mettere ko telefoni, internet, stazioni radiotelevisive, treni, aerei, energia, acquedotti e tutto ciò che ha bisogno di sequenze di bit per funzionare. Un timore, non proprio infondato, che sta spingendo tutti i governi - compreso quello italiano - ad accrescere la propria capacità di difesa dei confini “virtuali” e del cyberspazio, schierando super esperti di informatica al posto della fanteria. Una scommessa che impegna, in prima linea, proprio l’intelligence, civile e militare, chiamata a mutare la propria missione in funzione di nuove e più complesse minacce. Non a caso, Gianni De Gennaro, attuale sottosegretario con delega ai Servizi segreti, ripete in ogni occasione che il cybercrime - cioè il terrorismo informatico e ogni forma di crimine in rete - è già una minaccia reale e concreta per la sicurezza dello Stato. «I nostri servizi segreti - ha detto l’ex capo del Dis parlando la scorsa settimana agli studenti dell’Università di Camerino - oggi si trovano ad affrontare sfide molto diverse. Ci sono ancora pericoli tradizionali, come il terrorismo, ma il compito dei servizi segreti non riguarda soltanto la difesa del territorio, la difesa del Paese, perché, nel mondo globalizzato, la missione non è la difesa di tipo militare, ma la difesa dei mezzi economici e della reti informatiche». ...continua a leggere "Cybercrime, ecco la guerra 2.0"