Il Nucleo operativo centrale di sicurezza (Nocs) festeggia 40 anni dalla sua fondazione. Il corpo speciale della Polizia di Stato nacque nel 1978 a seguito di un decreto dell’allora ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, per contrastare – silenziosi come la notte, come recita il suo motto in latino – il terrorismo e la grande criminalità.
La data è stata festeggiata oggi a Roma, nel Centro polifunzionale di Spinaceto, sede della Scuola tecnica della Polizia dove lo speciale nucleo d’assalto, comandato da Andrea Mainardi, si addestra ogni giorno. Per celebrare l’evento le teste di cuoio del Nocs si sono esibite, eccezionalmente, alla presenza del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, del capo della Polizia, Franco Gabrielli, e del Direttore centrale della Polizia di prevenzione, Lamberto Giannini. Ospite d’onore, l’ex generale americano James Lee Dozier che il 28 gennaio 1982 fu liberato, a Padova, proprio dagli uomini del Nocs in seguito all’irruzione in un covo delle Brigate Rosse dove l’alto ufficiale statunitense era tenuto prigioniero.
La Polizia di Stato, attraverso il Nocs, articolazione della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, forma da sempre personale particolarmente addestrato, anche all’utilizzo di materiali e tecnologie all’avanguardia, per la risoluzione di situazioni operative ad alto rischio, come la liberazione di ostaggi, l’irruzione in ambito urbano ed extraurbano per la cattura di terroristi e criminali e la protezione di alte personalità istituzionali italiane o straniere. ...continua a leggere "Le teste di cuoio della Polizia compiono 40 anni"
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Le teste di cuoio non sono più invisibili
Stazionano all'esterno dei grandi scali ferroviari, negli aeroporti, nelle stazioni della metropolitana e nei centri storici delle maggiori città italiane. I corpi speciali non sono più invisibili ed è ormai frequente notare le teste di cuoio del Nucleo operativo centrale di sicurezza (Nocs) della polizia e del Gruppo di intervento speciale (Gis) dei carabinieri all'esterno di obiettivi ritenuti altamente sensibili.
Indossano giubbotti antiproiettile in grado di reggere i colpi di un kalashnikov, hanno micro camere bodycam, sistemi di puntamento laser, armi lunghe e prodotti dell'azienda tedesca Heckler & Koch (H&K), pistole Glock (semi automatiche) e il mefisto pronto a essere calato sul volto. Si muovono a bordo di Suv blindati in 20 città e sono maggiormente presenti a Roma, Milano, Torino, Lecce e Venezia e in tre grandi scali aeroportuali (Fiumicino, Malpensa e Venezia). Ad affiancarli ci sono le neonate squadre speciali antiterrorismo costituite dopo l'attacco a Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015 e pronte a intervenire in caso di emergenze: sono le unità operative di primo intervento (Uopi) della polizia di Stato, le aliquote di primo intervento (Api) e le squadre operative di soccorso (Sos) dei carabinieri. Dopo la strage di Nizza, i team degli specialisti sono in stato di massima allerta.
Il capo della polizia Franco Gabrielli ha spiegato che «si tratta di un ulteriore potenziamento del livello di sicurezza per rispondere in modo più adeguato a una minaccia diffusa e indiscriminata». ...continua a leggere "Le teste di cuoio non sono più invisibili"
Giubileo: come funzionano i nostri reparti speciali
Niente ferie, niente permessi e reperibilità continua. Gli uomini dei reparti speciali italiani, il Nocs della Polizia di Stato e il Gis dell’Arma dei Carabinieri, insieme ai nuclei antisabotaggio della Guardia di finanza, agli artificieri e alle teste di cuoio di Marina e Esercito, sono in stato di massima allerta. Dopo gli attentati di Parigi e in vista del Giubileo sono state intensificati, in particolare, le esercitazioni e il raccordo con l’intelligence per analizzare ogni possibile scenario.
Gli uomini del Nucleo operativo centrale di sicurezza della Polizia, come i colleghi del Gruppo di intervento speciale dei Carabinieri, sono addestrati per portare a termine operazioni ad alto rischio, come la liberazione di ostaggi, le irruzioni in ogni ambiente per la cattura di criminali e terroristi, la protezione di alte personalità istituzionali in particolari situazioni di pericolo e la tutela di personalità straniere in visita in Italia.
Gli operatori dei due reparti speciali sono in grado di intervenire, con il supporto di mezzi terrestri, aerei e navali, su tutto il territorio nazionale nell'arco di poche ore. Team specializzati sono stati dislocati su tutto il territorio nazionale, in particolare a Roma e Milano, ma anche nei principali scali marittimi e aeroportuali. ...continua a leggere "Giubileo: come funzionano i nostri reparti speciali"
Caso Donatoni, parla il giudice Almerighi
La verità sulla morte dell’ispettore del Nocs Samuele Donatoni dovrà emergere dai nuovi accertamenti disposti dal gip Massimo Battistini che il 7 dicembre scorso ha respinto la richiesta di archiviazione dell’inchiesta avviata dalla Procura di Roma sul conto di sette poliziotti che la notte del 17 ottobre 1997 parteciparono, a Riofreddo, all’operazione che doveva portare alla cattura dei sequestratori di Giuseppe Soffiantini.
Il procuratore aggiunto Pietro Saviotti ha sei mesi di tempo per fare piena luce su quanto avvenne quella notte di quattordici anni fa, e per farlo dovrà rimettere in discussione ogni cosa, a partire proprio da ciò che i colleghi di Donatoni raccontarono nell’immediatezza dei fatti.
E in questa brutta storia c’è un’unica certezza: Donatoni, lo dice una perizia e una sentenza passata in giudicato (quella di assoluzione del bandito Giovanni Farina), quella notte non fu colpito da una delle armi imbracciate dai sequestratori, bensì da una pistola in dotazione alla polizia, e il suo corpo fu spostato subito dopo quello scontro a fuoco.
Che le cose andarono così, e che Donatoni fu vittima del fuoco amico, ne è certo il giudice Mario Almerighi, che nel 2005, assolvendo Farina, insinuò per la prima volta il dubbio che la ricostruzione fornita dai vertici della polizia non era credibile. Almerighi, che a questo caso ha dedicato anche un libro (“Mistero di Stato” per Aliberti Editore), rispondendo alle domande di Notte Criminale torna a indicare l’unica strada percorribile per giungere alla verità: indagare sulla polizia.
Dottor Almerighi, quale potrebbe essere il motivo che spinse la Polizia di Stato a coprire una vicenda così grave con una serie di omissioni e inquinamenti delle prove ancora oggi poco spiegabili?
«E’ una domanda che può trovare risposta solo attraverso una nuova indagine. La Sezione della Corte d’Assise da me presieduta aveva il compito di accertare la colpevolezza o l’innocenza di Giovanni Farina nell’omicidio del povero Donatoni. Nel corso del processo sono emersi elementi delittuosi tesi all’inquinamento delle prove. Doverosamente tali elementi sono stati portati a conoscenza della Procura di Roma. La Corte d’Assise giudica. Il pubblico ministero fa le indagini. A ciascuno il suo per il rispetto delle regole».
Quasi al termine del dibattimento lei ordinò la riesumazione del corpo dell’ispettore Donatoni e una nuova perizia, cosa non la convinceva nella ricostruzione fornita dalla polizia e sostenuta anche dalla Procura?
«Già nel precedente processo il medico legale aveva sottolineato che il colpo d’arma da fuoco che attinse Donatoni era stato sparato dal basso verso l’alto e da sinistra verso destra e da breve distanza. Invece, secondo la ricostruzione del primo processo, Donatoni si sarebbe trovato di fronte a Moro e a una distanza di circa 20 metri. Ma ciò che mi spinse a disporre una perizia furono soprattutto le fotografie delle oltre 50 macchie di sangue la cui origine si trovava a notevole distanza da dove la precedente sentenza aveva stabilito si trovasse Donatoni nel momento in cui fu colpito».
Fu l’agente Stefano Miscali, oggi l’unico a essere indagato per omicidio colposo, a sparare accidentalmente a Donatoni?
«Quello che è emerso dal mio processo in modo inequivocabile, grazie ad una perizia basata su dati scientifici, è che lo sparo che attinse Donatoni non fu sparato da Mario Moro né dagli altri imputati che furono condannati nel precedente giudizio».
E’ ragionevole pensare, vista la posizione delle tracce di sangue, che il corpo dell’ispettore fu spostato rispetto al punto dove avvenne lo scontro a fuoco?
«Come testimoniato da Nicola Calipari gli spari non avvennero soltanto in quel punto e le macchie di sangue, insieme ad altre emergenze processuali, hanno dimostrato che il corpo di Donatoni venne spostato. Ciò non solo è ragionevole, ma è provato com’è detto chiaramente nella sentenza che ha assolto Farina».
Fu un incidente, o ha avuto il sentore che ci fosse altro dietro la morte dell’ispettore Donatoni?
«Le sensazioni di un giudice non hanno alcuna rilevanza processuale. La ricostruzione della verità e le sentenze devono basarsi sulle prove e non certo su supposte dietrologie. Se non fu un mero incidente lo accerteranno le nuove indagini».
di Fabrizio Colarieti per Nottecriminale.it