Roma finora non si è fatta mancare niente: sale operative all’avanguardia, telecamere in ogni angolo della città, tavoli e commissioni speciali, delegati e consulenti d’oro, e tre patti per la sicurezza. Eppure, ogni giorno, i romani si risvegliano impauriti e meno sicuri, e, quando va peggio, anche con un morto ammazzato sotto casa. E’ il fallimento di un modello che, da cavallo di battaglia e tema di slogan elettorali, si sta trasformando in un boomerang per la giunta guidata da Gianni Alemanno.
LA SITUAZIONE. Vent’anni fa, per le strade della capitale, c’erano in servizio 25 volanti per ogni turno, con equipaggi di tre agenti. Oggi, in piena emergenza, il numero di pattuglie, con un territorio da vigilare molto più vasto, è sceso di oltre dieci unità, e in ogni auto della polizia ci sono due agenti. Per completare gli organici dei 49 commissariati romani servirebbero 1.450 poliziotti in più, ma dei mille promessi a settembre, finora, ne sono arrivati solo 80. E il dato, che meglio fotografa la situazione, è proprio la media tra popolazione e agenti in servizio, calcolata dalla segreteria provinciale del Silp-Cgil: uno ogni 980 abitanti. A Tor Pignattara, sesto municipio, dove il 4 gennaio durante una rapina sono stati uccisi un commerciante cinese di 32 anni e la figlioletta di soli nove mesi, lo Stato è presente con un agente ogni 1.141 cittadini. Va meglio in centro (1 su 200), ma peggio, con cifre che parlano da sole, in alcuni quartieri ad alta densità criminale dove ogni 2.300 abitanti c’è un poliziotto, come nel caso della borgata Fidene. Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, in un recente vertice in prefettura, ha promesso due cose: altri mille uomini e maggiore presenza dello Stato. Ora un passo indietro. Era il 30 ottobre 2007, nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto una donna di 47 anni, Giovanna Reggiani, venne seviziata e brutalmente uccisa da un giovane romeno. A Roma, da quella notte in poi, non si parlò d’altro: i romani avevano paura, e la brutta storia della Reggiani, nell’arco di poche ore, diventò tema di scontro politico, ma anche il cavallo di battaglia del sindaco Alemanno, che in quel momento era già in corsa per il Campidoglio. Da allora di storie così brutte Roma ne ha viste tante altre. Le pistole sono tornate a comandare nelle borgate spingendosi, addirittura, fin nel cuore elegante della capitale. Per 35 volte, nell’arco di un anno terribile, il 2011, i romani si sono sentiti dire, tra un omicidio e l’altro, che la sicurezza, la stessa degli slogan elettorali, è ancora una priorità. Ma c’è qualcosa che si è rotto, che va oltre la repressione, il controllo del territorio e il numero di uomini e di mezzi dispiegati, che sono sempre pochi rispetto a quanti ne occorrerebbero. ...continua a leggere "Pubblica insicurezza"
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Romanzo criminale
E’ Roma, non la Chicago degli anni Venti. Trentatré omicidi in undici mesi, con il pesante sospetto che dietro tanto piombo e morte ci sia una guerra tra delinquenti, piccoli e grandi, che sgomitano per controllare il territorio e scalare le gerarchie criminali. Una lunga scia di sangue che, secondo alcuni, sta disegnando uno scenario identico a quello che caratterizzò gli anni Settanta, mentre, secondo altri, tanta violenza sarebbe il segnale più evidente che la criminalità organizzata, tutta, si sia definitivamente insediata nella Capitale. A lanciare l’allarme, che nel ventre di Roma c’è qualcosa che sta cambiando, con cui prima o poi bisognerà fare i conti, è il giudice Otello Lupacchini, colui che disarticolò la più potente organizzazione criminale autoctona che abbia mai operato nella Capitale: la Banda della Magliana. «Non v’è dubbio che trentatré morti, siano effettivamente molti - commenta il giudice rispondendo alle domande de Il Punto - ma il dato interessante, in questi ultimi giorni, è comunque un altro: sembra sia finito il tempo degli esorcismi o, se si preferisce, del negazionismo. Così il sindaco Alemanno come pure il responsabile della Direzione distrettuale antimafia, Capaldo, sebbene con toni e accenti diversi, segnalano finalmente il “rischio mafia” nella capitale. Il primo, infatti, ha esternato il timore che “ci sia un contatto tra le bande territoriali e la grande criminalità organizzata, che ha già comprato pezzi di economia romana e che si è limitata finora a investire”; il secondo, più prudente, di fronte ai due ultimi assassinati a Ostia, per altro già coinvolti, ma anche usciti pressoché indenni da indagini di criminalità organizzata, che descrive, tuttavia, come “due personaggi profondamente inseriti nel contesto della criminalità organizzata di un certo significato, non marginale, insediata anche a Roma nel traffico di droga e usura, già coinvolti in fatti di sangue e conflitti tra bande”, ha rilevato invece come sia in atto uno “scontro evidente tra due gruppi criminali molto forti”, quantunque non specifichi a quali gruppi si riferisca». ...continua a leggere "Romanzo criminale"
Il Vecchio, Zeta e Pigreco tra (poca) fiction e (tanta) realtà
Provate a digitare su Google “Banda and Magliana”. Oppure, se avete la fortuna di avere a disposizione un motore di ricerca semantico (cioè uno di quei software crawler comunemente utilizzati dall’intelligence per setacciare le “fonti aperte” e correlare le informazioni partendo dal loro significato), divertitevi ad approfondire l’argomento. Perché – sarà un caso – da un po’ di tempo anche le macchine si sono ammalate di dietrologia e le open source, pur non essendo dotate di propria intelligenza, ce la stanno mettendo tutta per rendere più chiaro uno scenario che per decenni è parso annebbiato e viziato. Ed è un peccato che in rete ci siano ancora pochi atti giudiziari, indicizzati e taggati, a raccontare, a chi resta affascinato da figure come quelle del Freddo o del Libanese, la storia e le gesta della più potente organizzazione criminale che abbia mai operato a Roma. ...continua a leggere "Il Vecchio, Zeta e Pigreco tra (poca) fiction e (tanta) realtà"