«Non credo nei miti né, tantomeno, nei criminali mitizzati. Tuttavia Carlos è un personaggio più importante di quello che possiamo pensare, specialmente per l’Italia». A parlare a Notte Criminale di Carlos “lo sciacallo”, al secolo Ilich Ramírez Sánchez, la Primula rossa del terrorismo internazionale che ha recentemente ispirato una miniserie televisiva su Fx, è Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’Ansa, scrittore e profondo conoscitore del terrorismo stragista. «Il nome di Carlos – prosegue Cucchiarelli – lo troviamo in molte pagine della nostra storia degli ultimi trent’anni, collegato alle Brigate Rosse, al caso Moro, ma anche della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Carlos, perciò, è più importante di quello che pensiamo. E’ un personaggio immerso nella storia italiana, utile a capire, a decriptare, vicende complesse, misteri senza fine. Ha raccontato, e continua a raccontare, una parte sconosciuta della nostra storia, una parte ancora tutta da scrivere. Nel 2008, tramite i suoi avvocati, gli inviai in carcere a Parigi, venti domande sul caso Moro, ma anche su Bologna, e lui rispose. Da quella corrispondenza è nata l’intervista esclusiva pubblicata dall’Ansa. Come tutti i terroristi – afferma ancora il giornalista Paolo Cucchiarelli – Carlos è una persona che fa politica e che, perciò, racconta ciò che gli fa comodo. La bravura del giornalista, ma anche del magistrato, sta nell’interpretare le sue parole, capire dove finisce la strumentalizzazione politica e dove inizia il racconto di elementi che possono essere utili a ricostruire scenari importanti, specialmente per l’Italia». ...continua a leggere "Carlos, lo sciacallo. Il killer che terrorizzò l’Europa"
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Intervista Esclusiva per Notte Criminale: Gioacchino Genchi, uomo di Stato
L'intervista esclusiva a Gioacchino Genchi realizzata a Palermo il 6 aprile 2011 per Notte Criminale.
[guarda la II parte] - [guarda la III parte]
L'intervista, anche in formato testuale: prima parte - seconda parte.
Moby Prince 20 anni dopo
Chiamatela dietrologia, oppure antiamericanismo. Ma resta un dato di fatto: anche in questa brutta storia i nostri fedeli alleati americani ci sono entrati con le mani e con i piedi. È stata colpa loro? Chi può dirlo. Ma di certo, quella sera, mentre i 140 tra passeggeri e membri dell’equipaggio del Moby Prince andavano a morire contro quella petroliera, gli americani nel porto e alla rada di Livorno c’erano eccome. Così la tragedia di quel traghetto è diventata, nel tempo, la Ustica del mare. Troppe coincidenze. Troppi sospetti. Troppe presenze anomale in quel tratto di mare ingolfato come quel pezzo di cielo dove il 27 giugno 1980 si trovò, in altrettanto casuale compagnia, il Dc9 della compagnia Itavia. In quell’occasione le vittime furono 81, ovvero 82 con la verità finita per sempre, insieme a gran parte dei passeggeri di quel volo, in fondo al mare. Due storie diverse, due tragedie distanti tra loro ma unite dallo stesso pauroso sospetto.
A tornare indietro con la memoria, di pretesti, volendo, se ne trovano anche altri. Dall’arrivo delle spie americane in Sicilia, subito dopo il secondo conflitto mondiale, la cui attività, secondo molti, fu fortemente legata a quella della mafia, alla Strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947), fino all’uccisione in Iraq dell’agente segreto Nicola Calipari (4 marzo 2005), passando per la strage della funivia del Cermis (3 febbraio 1998). I misteri, quelli che tutti chiamano misteri d’Italia, in questo Paese hanno quasi sempre un inquietante risvolto a stelle e strisce, e non è sempre colpa della dietrologia. Gli americani, secondo i complottisti, mettono lo zampino dappertutto, e quindi se là, in quel mare, la sera del rogo del Moby Prince, c’erano anche loro, è accaduto sicuramente qualcosa che nessuno deve sapere. Meglio attribuire tutto alla nebbia, meglio ancora se la colpa è del traghetto o dell’aereo, di un impianto antincendio che non si azionò o della strutture che cedettero.
In queste due storie, poi, ci sono di mezzo i radar che forse hanno visto ma non parlano, come quelli, tali e quali, di Ustica. C’è di mezzo la guerra, quella del Golfo che è appena finita, come nella vicenda Calipari. Ci sono gli omertosi silenzi, quelli delle autorità americane, come per il Cermis. ...continua a leggere "Moby Prince 20 anni dopo"
Storie maledette. Il caso Cervia
Velletri (Roma), 12 settembre 1990, ore 17. L’estate non sembra ancora voler fare le valigie per lasciare il posto all’autunno che comincia timidamente a far arrossire le chiome degli alberi. Quattro uomini, che indugiano sotto il balcone del civico ventotto della Contrada Colle dei Marmi, sembrano voler rubare al giorno le ultime forze prima del tramonto fino a quando un rombo lontano desta la loro attenzione. Una giornata qualunque invece per l’uomo che si appresta a tornare a casa sulla sua Volkswagen bianca che sta per svoltare l’angolo. Nell’aria immobile rimangono solo i quattro uomini che si schierano pronti a imprimersi in maniera indelebile in quella giornata mai andata a dormire, rimasta nella memoria collettiva.
L’uomo scende dall’auto immerso nei suoi pensieri, forse la moglie, o il figlio Daniele, che a soli quattro anni riesce a sciogliere un iceberg con i suoi occhioni teneri, Erika, la maggiore, curiosa come chi, a sei anni, si appresta a scoprire il mondo. Ma chissà, poi, se ha realmente il tempo di pensare un uomo nell’istante che separa un'azione tanto comune da un’aggressione, nel momento in cui viene picchiato, incappucciato e narcotizzato da quattro uomini che decidono del suo destino.
Se fosse una fiction, se questa storia la dovessimo raccontare per la tv, la prima scena, quella di apertura, la scriveremmo esattamente così: Davide Cervia si trova d’un tratto al centro di una scena di paura improvvisa nella via tranquilla di una giornata qualunque. Le sue urla chiedono aiuto oltre le mura, la via, oltre il silenzio che avvolgerà tutto. Perché è plausibile pensare che nella realtà le cose siano andate proprio in questo modo. Perché se Davide Cervia fosse il protagonista di questa fiction sarebbe scomparso così. Questa è la ricostruzione di un’azione che assomiglia tanto a una extraordinary rendition, una consegna straordinaria, un sequestro di persona, come quelli compiuti dalla Cia in giro per il mondo nel nome della lotta al terrorismo. ...continua a leggere "Storie maledette. Il caso Cervia"