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Usa-Russia, la guerra ora è negli abissi

Cavi-sottomarini-Sicilia-174x131Dai cieli agli abissi oceanici, il braccio di ferro tra Washington e Mosca, che tanto ricorda la Guerra fredda, sembra non risparmiare neanche le autostrade digitali sommerse. Se è vero quanto scrive il New York Times, citando fonti dell’intelligence statunitense, la Russia avrebbe tentato di “aggrapparsi” ai cavi oceanici per telecomunicazioni che approdano negli Stati Uniti e attraverso i quali transitano il 95% delle comunicazioni Internet globali. Agganciarli, sorvegliarli o, peggio ancora, danneggiarli vorrebbe dire mettere in ginocchio la rete, qualcosa che, al giorno d’oggi, è paragonabile a un atto di guerra.
Secondo il Nyt i sommergibili e le navi Sigint di Mosca, in maniera sempre più aggressiva, si sarebbero più volte avvicinati ai cavi sottomarini in fibra ottica posati nel Mare del Nord, nei fondali dell’Asia nordorientale e perfino in acque statunitensi. A destare sospetti, il mese scorso, è stata la presenza, lungo la costa orientale degli Usa, della nave russa Yantar avvistata dai satelliti spia americani nei pressi della base navale di Guantanamo, cioè proprio sopra a una serie di cavi nevralgici. La Yantar, per quanto se ne sa, dispone di due mini sommergibili di profondità e di strumenti molto sofisticati per la sorveglianza elettronica.
«I cavi vengono tranciati in continuazione, dalle ancore delle navi che poggiano sui fondali o dai disastri naturali. Ma la maggior parte degli incidenti si verificano a poche miglia dalle coste e i danni possono essere riparati nel giro di pochi giorni», ha spiegato al Nyt Michael Sechrist, ex ricercatore del Mit di Boston e autore nel 2012 di un studio sul sistema globale di cavi sottomarini. Il problema, secondo gli analisti del Pentagono, è che i russi stanno cercando di individuare i punti vulnerabili dei cavi a profondità maggiori, lontano dalle coste dove eventuali danni sarebbero più difficili da riparare.
«I cavi sottomarini tendono a seguire le stesse rotte utilizzate fin dal 1860», ha spiegato ancora Sechrist, dunque la posizione di gran parte di essi non è segreta, tanto che è possibile mapparli attraverso il sito submarinecablemap.com. Alcuni di essi, tuttavia, poggiano lungo rotte segrete e vengono utilizzati dagli Stati Uniti per comunicazioni militari ed è possibile, sottolineano le fonti interpellate dal Nyt, che Mosca stia cercando di scoprire dove si trovino. Tuttavia la Russia respinge le accuse al mittente bollando le notizie riportate dal Nyt come «squilibri comportamentali dovuti al cambio di stagione, in una sola parola, è autunno», ha detto, con sarcasmo, il portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova.
Gli Usa ben conoscono l’argomento perché annoverano nella loro flotta diversi mezzi in grado di spiare i cavi sommersi, come il sottomarino Uss Jimmy Carter, classe Seawolf, varato nel 2005 e dotato di apparecchiature di questo tipo. Un’attività di spionaggio che gli Stati Uniti compiono fin dagli anni 70 quando furono impiegati i primi dispositivi per le intercettazioni sui cavi sommersi nell'Oceano Pacifico, al largo dell'allora Unione Sovietica. Un’operazione che fu bruciata da una spia sovietica negli Usa che rivelò a Mosca i piani dell’intelligence americana e permise all'Urss di individuare e rimuovere alcune “cimici” sommerse che ora sono in bella mostra nel museo del Kgb a Mosca.
L’appetibilità dei cavi sottomarini perciò non è di certo una novità. Le intelligence di tutte le potenze mondiali li sorvegliano. Già all’epoca delle rivelazioni dell’ex tecnico della Nsa, Edward Snowden, il mondo aveva appreso dell’esistenza di una serie di programmi di sorveglianza globale molto invasivi – come Upstream – in grado di prelevare dati direttamente dai transiti satellitari ma anche spiando i cable landing points, cioè le stazioni di terra dove approdano i cavi sottomarini. Operazioni, in particolare quelle compiute dall’intelligence inglese, che hanno coinvolto anche l’Italia e i suoi 18 cavi che approdano in Sicilia dopo aver attraversato oriente e occidente. Il terminale più importante, già finito nello scandalo Datagate, si trova a Mazara del Vallo, ed è uno dei tre nodi italiani - il SeaMeWe3, il SeaMeWe4 e il Flag Europe-Asia (Fea) - da dove secondo Snowden l’intelligence di Londra avrebbe “sniffato” oltre 600 milioni di telefonate al giorno. Qualcosa che era già avvenuto negli anni 80, quando il Mossad aveva tentato di mettere le sue “orecchie” nel nodo di Palermo e in quello di Mazara del Vallo, e a fine anni 90 quando la Cia chiese alle autorità italiane di poter installare “sonde” negli stessi nodi siciliani.
Nei mesi scorsi sono avvenuti anche alcuni strani incidenti, che alla luce di quanto ha rivelato il Nyt potrebbero assumere connotati diversi. Ad agosto un blackout ha mandato in tilt la rete telefonica in diverse regioni della Libia, in particolare a Est e a Sud del Paese, dopo un attacco da parte di sconosciuti ai cavi sottomarini nella zona di Sirte. Nel dicembre del 2008 la rottura di tre cavi al largo delle coste italiane, nel Mediterraneo, ha causato disservizi alle linee internet e di telefonia internazionale dell'Egitto riducendo la capacità della sua rete dell'80%. Lo stesso incidente era avvenuto alcuni mesi prima, a gennaio, dopo la rottura di due cavi - il Flag Global Network e il SeaMeWe4 - al largo delle coste egiziane che aveva causato l'interruzione dei collegamenti internet per 24 ore tra Europa, Stati Uniti, Egitto, India e Golfo Persico.
Scenari che in futuro imporranno un ripensamento sull’impiego massivo di cavi sottomarini per il transito globale dei dati Internet. Secondo un recente rapporto dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (Ieee), è necessario studiare alternative al network di fibre ottiche sommerse per mettere al riparo le telecomunicazioni più sensibili, come ad esempio le transazioni finanziarie. I satelliti sono più sicuri ma non sono in grado di gestire lo stesso volume di traffico. Un blackout delle reti sottomarine su larga scala causerebbe un’apocalisse digitale senza precedenti e con ricadute, soprattutto economiche, pesantissime, come ha detto recentemente Steve Malphrus della Federal Reserve.

di Fabrizio Colarieti per lettera43.it [link originale]

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